Sei abitanti del Mali hanno affermato di essere stati deportati dal Paese quando erano ragazzini e costretti a lavorare nelle fattorie di cacao in Costa d’Avorio. Nella loro causa, il gruppo di uomini ha affermato di essere stato costretto a lavorare nelle fattorie di cacao per 12-14 ore al giorno. Hanno anche detto di essere tenuti sotto scorta armata mentre dormivano, per impedire loro di fuggire, e di essere pagati poco oltre il cibo di base. Sulla base di queste affermazioni hanno citato in giudizio i giganti alimentari Nestlé Usa e Cargill, chiedendo da possibilità di utilizzare l’Alien Tort Act, una legge del XVIII secolo in base alla quale le aziende Usa sono responsabili degli abusi sul lavoro commessi nelle loro filiere di approvvigionamento all’estero.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha però stabilito che Nestlé Usa e Cargill non possono essere citati in giudizio per schiavitù infantile nelle fattorie africane da cui acquistano il loro cacao e ha anche stabilito di non poter dare un giudizio su un abuso avvenuto al di fuori degli Stati Uniti. Non si è espressa sulla possibilità di utilizzare l’Alien Tort Act.
Circa il 70% del cacao mondiale viene prodotto in Africa occidentale e gran parte di questo viene esportato negli Stati Uniti. Stando a un’indagine svolta dal Centro nazionale di ricerca NORC dell’Università di Chicago nelle regioni della Costa d’Avorio e del Ghana, la quota del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao è aumentata del 14 per cento, passando dal 31 al 45 per cento tra il 2008 e il 2019.
I media internazionali hanno dedicato vari articoli ai risultati a cui è giunto il rapporto commissionato cinque anni fa dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti. Tra questi anche il Washington Post che ha parlato di “un fallimento delle compagnie del cioccolato incapaci di mantenere la promessa di sradicare il lavoro minorile nella loro catena di produzione