Richard Prince, fotografo e pittore statunitense, nell’ambito della mostra Frieze Art Fair a New York, ha presentato al pubblico – e venduto – diverse gigantografie di scatti “rubati” da profili Instagram, senza aver né avvertito né ottenuto il consenso delle persone che le hanno originariamente pubblicate sui loro profili.
Molte delle opere della collezione, chiamata New Portraits e presentata questo mese, sono state vendute per circa 80mila euro, mentre la vendita di un singolo pezzo ha superato i 2 milioni di euro. I proprietari dei profili da cui sono stati tratti gli scatti, che non hanno ricevuto alcun compenso, hanno reagito in modi diversi.
Doe Deere ha pubblicato sul suo profilo Instagram una foto dell’installazione di Richard tratta da un suo scatto, e ha scritto che non sporgerà denuncia contro l’artista statunitense:
Selena Mooney, che gestisce l’account Suicide Girls, ha dichiarato invece che venderà le stampe delle opere che Prince ha realizzato con i suoi scatti a 82 euro l’una, esattamente lo 0,01 per cento del prezzo originario. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza.
Nel corso della sua carriera, Prince ha spesso utilizzato immagini che non gli appartenevano, modificandole leggermente. Proprio grazie a queste modifiche l’artista riesce a eludere le leggi sul copyright, potendo dichiarare di aver creato una nuova opera d’arte, differente dall’originale.
Nel caso delle foto di Instagram, che Prince aveva già utilizzato in una mostra simile lo scorso settembre, le modifiche apportate non hanno alterato l’immagine originale, ma solamente i commenti pubblicati sotto agli scatti stessi.
La mostra pubblicata da Prince rivela quanto sia difficile avere il pieno controllo dei contenuti che pubblichiamo in rete. Oltre a chiederci se vogliamo che il nostro capo – o il nostro futuro capo – veda le nostre foto online, forse ora dovremmo porci anche un’altra domanda, prima di pubblicare qualcosa sui social network: “E se questa foto venisse esposta in una galleria d’arte?”.