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    “Arma di guerra, la violenza sessuale contro i bambini in conflitto”: il rapporto di Save the Children

    Credits: Save the Children

    Nelle zone di conflitto 72 milioni di bambini rischiano di essere vittime di violenze sessuali per mano di gruppi armati, un numero decuplicato negli ultimi 30 anni. Yemen, Somalia, Iraq, Siria, Colombia e Sud Sudan i Paesi più pericolosi. Nell’ambito della campagna Stop alla guerra sui bambini, Save the Children diffonde il nuovo rapporto

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 18 Feb. 2021 alle 15:11 Aggiornato il 18 Feb. 2021 alle 15:19

    “Arma di guerra: la violenza sessuale contro i bambini in conflitto”, il rapporto di Save the Children

    Oggi, nel mondo, 72 milioni di bambini vivono in zone dove forze armate e gruppi armati sono soliti perpetrare atti di violenza sessuale contro i minori. Un numero considerevole se si pensa che si tratta del 17 per cento dei 426 milioni di bambini che vive a meno di 50 chilometri dalle aree di conflitto a livello globale – 1 su 6. Questo è solo uno dei dati che emerge dal nuovo rapporto “Arma di guerra: la violenza sessuale contro i bambini in conflitto” diffuso oggi da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – nell’ambito della campagna Stop alla guerra sui bambini.

    Il rapporto, il primo che contiene un’analisi dettagliata del rischio per i bambini di vivere violenze sessuali in zone di conflitto tra il 1990-2019, dimostra come oggi i minori corrano quasi 10 volte in più il rischio di subire abusi rispetto a trent’anni fa (nel 1990 erano 8,5 milioni). I Paesi nei quali il rischio di violenze sessuali contro i bambini per mano di gruppi e forze armate è più alto sono lo Yemen (dove le segnalazioni riguardano l’83 per cento dei minori considerati a rischio), la Somalia (56 per cento), l’Iraq (49 per cento), la Siria (48 per cento), la Colombia (24 per cento) e il Sud Sudan (19 per cento).

    Questo include il rischio di stupro, schiavitù sessuale, prostituzione, gravidanze, sterilizzazione e aborto forzati, mutilazioni sessuali, abusi e torture sessuali da parte di gruppi armati, forze governative o di polizia. Bambine e bambini che affrontano numerose sfide tipiche dei conflitti armati, come l’assenza di meccanismi di denuncia e di tutela, lo stigma e la paura di ritorsioni all’interno delle loro comunità e la privazione del supporto di cui avrebbero bisogno.

    “Pensare che dei bambini possano essere vittime di violenze sessuali è qualcosa di semplicemente inaccettabile, di fronte alla quale non è possibile rimanere inermi. Spesso sono costretti a vivere questa tragedia in silenzio, portandosi dietro per tutta la vita i segni delle violenze subite e senza ricevere il supporto di cui avrebbero urgente bisogno per affrontare le conseguenze fisiche e psicologiche che tutto ciò comporta. La violenza sessuale è già di per sé una piaga sottostimata, soprattutto nelle aree dove sono in corso i conflitti più cruenti, e questo è ancor più vero quando le vittime sono proprio i bambini e le bambine– dichiara Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.

    In media, nel 2019, sono stati segnalati solo due casi al giorno di violenza sessuale contro i bambini che vivono in aree di conflitto, ma si tratta solo della punta dell’iceberg perché sappiamo bene che purtroppo stupri, abusi e violenze indicibili ai danni dei minori sono vere e proprie armi di guerra sempre più usate in questi contesti. Ci sono tanti altri bambini vittime silenziose di questa piaga invisibile e che hanno urgente bisogno di sostegno”.

    “Pensare che bambine come Naomi, in Repubblica Democratica del Congo, vengano violentate all’età di 8 anni da uomini armati durante le irruzioni nei villaggi ci deve far vergognare come genere umano. Bisogna mettere fine immediatamente ad ogni forma di violenza sessuale contro ogni bambino al mondo. Si tratta di violenze brutali e inaudite che non possono più essere tollerate e che abbiamo l’imperativo di contrastare con ogni mezzo a disposizione”.

    “E pensare che nell’arco di un anno, dal 2018 al 2019, queste atrocità commesse per mano delle forze governative siano quasi raddoppiate è semplicemente vergognoso. Ci appelliamo pertanto ai governi e alla comunità internazionale affinché venga posta la massima attenzione su questa tragedia e affinché, soprattutto, si metta in campo ogni sforzo per proteggere i bambini nei conflitti e consentire loro semplicemente di vivere l’infanzia alla quale hanno diritto”, ha proseguito Daniela Fatarella.

    Il rapporto di Save the Children

    Dei 54 conflitti in corso oggi a livello globale 22 sono caratterizzati da denunce di violenze sessuali contro la popolazione civile. In particolare, in 15 di questi, le parti in conflitto hanno compiuto violenze sessuali contro i bambini. Ciò significa che in quasi il 70 per cento dei conflitti in cui si perpetrano violenze sessuali contro i civili, queste hanno come obiettivo proprio i bambini. In tutto il mondo, inoltre, quasi mezzo miliardo di bambini (426 milioni) vivono entro un raggio di 50 chilometri da una zona di conflitto. Di questi, circa 72 milioni si trovano in un’area in cui nel 2019 sono state segnalate violenze sessuali sui minori perpetrate per mano delle parti in conflitto.

    Un numero aumentato di quasi dieci volte dal 1990 e che si attesta stabilmente su tale livello ormai da sette anni a questa parte. Le violenze sessuali rappresentano una delle sei gravi violazioni contro i minori e dal 2006 sono più di 20mila i casi accertati dalle Nazioni Unite dal 2006. Solo nel 2019, sono stati confermati 749 casi di violenza sessuale contro i bambini, di cui la quasi totalità contro le bambine e le ragazze, mentre dal 2018 sono quasi raddoppiati gli episodi attribuiti alle forze statali.

    Numeri che tuttavia rappresentano solo una piccola parte dei casi reali, come emerge dal rapporto di Save the Children. Sebbene i maschi rappresentino solo il 2 per cento delle vittime di violenze sessuali segnalate dalle Nazioni Unite nel 2019, negli ultimi anni si segnala un aumento dei bambini e gli adolescenti maschi presi di mira, soprattutto in Paesi come la Repubblica Centrafricana, la Repubblica Democratica del Congo, il Sud Sudan e la Siria. Anche in Afghanistan, la maggior parte dei casi segnalati nel 2019 riguarda ragazzi, spesso sfruttati e ridotti in schiavitù da uomini in posizioni di potere.

    La violenza sessuale è infatti in molti casi utilizzata come arma di guerra contro i bambini e contro gli altri civili proprio per terrorizzare la popolazione, diffondere paura e incutere timore per fini politici e militari, per umiliare determinati gruppi etnici o per punire i civili sospettati di collaborare con i nemici. Un trauma con conseguenze devastanti dal punto di vista fisico, psicologico, sociale ed economico con effetti di lunga durata nel tempo. La brutalità dell’atto fisico stesso può essere particolarmente dannosa per i bambini il cui corpo non è completamente sviluppato.

    Specialmente le ragazze, rischiano di subire fistole e altre lesioni al loro apparato riproduttivo, di essere esposte alle complicanze delle gravidanze precoci, fino a mettere a repentaglio la loro stessa vita.”Ho aperto per la prima volta il Panzi Hospital nel 1999 con l’intenzione di costruire un centro di eccellenza per la salute materna nella Repubblica Democratica del Congo”, afferma nella prefazione del rapporto di Save the Children Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace 2018 e fondatore e Direttore medico presso il Panzi Hospital in DRC. “Non avrei mai potuto immaginare che mi sarei trovato di fronte a così tanti casi di bambine vittime di violenze sessuali. La più giovane sopravvissuta che abbia mai curato aveva solo sei mesi quando è stata brutalmente aggredita”.

    “Che più di 72 milioni di bambini nel mondo oggi vivano in prossimità di gruppi armati che usano la violenza sessuale come arma di guerra contro di loro è semplicemente inaccettabile e la comunità internazionale può e deve fare di più perché tutto questo finisca una volta per tutte”, prosegue Denis Mukwege. Save the Children rivolge quindi un appello ai leader mondiali, ai donatori, ai Paesi membri delle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali affinché la protezione dei minori venga messa al primo posto di qualsiasi azione internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti, a partire dal rafforzamento di servizi e programmi in grado di supportarli pienamente.

    L’Organizzazione sottolinea poi l’importanza di contrastare il clima di impunità che circonda ancora oggi gli autori di questi crimini, rafforzando le leggi e facendo in modo che i responsabili vengano assicurati alla giustizia. È fondamentale, infine, che i dati sui casi di violenze sessuali siano raccolti in maniera sistematica e che vengano potenziati i finanziamenti per sostenere le azioni di contrasto a tale piaga.

    Save the Children è impegnata nella protezione dei minori vittime di violenze sessuali nei contesti segnati da conflitti e crisi umanitarie. In particolare, l’Organizzazione realizza interventi per far sì che le vittime ricevano supporto adeguato in termini di accesso ai servizi sanitari, compresi quelli di salute mentale e di natura psicosociale. I team sul terreno dell’Organizzazione, inoltre, sono impegnati in azioni di sensibilizzazione e formazione degli insegnanti e in progetti che favoriscano l’empowerment di bambini e bambine, anche attraverso il rafforzamento di partnership e alleanze con altre Organizzazioni sul campo impegnate nella risposta alle violenze sessuali contro i minori nei contesti di crisi umanitarie, dal Myanmar all’Iraq, dal Niger al Sudan, solo per citarne alcuni.

    Leggi anche: 1. Decine di minori stranieri rischiano la vita in Bosnia Erzegovina: l’allarme di Save The Children 2. “Caro futuro”: la video-lettera di Save the Children dedicata ai bambini, vittime silenziose della pandemia
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