Il 25 giugno 2018 il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è recato in Libia per incontrare il suo omologo libico, Abdulsalam Ashour e discutere di immigrazione (qui tutti gli aggiornamenti, qui invece le dichiarazioni in conferenza stampa dopo il rientro dalla Libia). Tornato qualche ora dopo a Roma, il ministro ha dichiarato ai giornalisti in Viminale: “è falsa la retorica sulla violazione dei diritti umani in Libia”.
“Oggi ho visitato un centro di accoglienza e protezione per mille migranti che sarà pronto entro un mese con la collaborazione dell’Unhcr: vale contro la menzogna e la retorica per cui in Libia si tortura e si ledono i diritti civili”, ha detto.
“In cinque ore di missione non ho scoperto l’universo libico – ha aggiunto – è possibile che ci siano dei campi gestiti male e che ci siano collusioni con i trafficanti di migranti , ma in una situazione di totale instabilità noi dobbiamo sforzarci di dare il nostro sostegno concreto a quelle che sono le autorità locali internazionalmente riconosciute. La guardia costiera libica in mare ha dimostrato grande serietà ed efficienza al di sopra di ogni sospetto: sono gli equipaggi delle navi delle Ong ad essere assai più pericolosi per la vita degli stessi migranti e di tutti gli altri”.
È vero allora che, come dice il ministro Salvini, che è una “menzogna” e una “falsa retorica” il fatto che “in Libia si tortura e si ledono i diritti civili”? TPI.it ha provato a fare chiarezza:
Le principali organizzazioni internazionali e ong attive in Libia raccontano tutta un’altra situazione.
Negli ultimi anni, centinaia di migliaia di rifugiati e migranti hanno affrontato il difficile viaggio attraverso l’Africa alla volta della Libia. Sono circa cinquecentomila le persone al momento bloccate in Libia.
Amnesty International ha stilato un rapporto documentando gli abusi che i migranti subiscono quotidianamente in Libia. “Rifugiati e migranti vengono sottoposti regolarmente a violazioni dei diritti umani commesse da pubblici ufficiali e forze di sicurezza libiche e ad abusi consumati da gruppi armati e bande criminali, i quali spesso cooperano gli uni con gli altri con un reciproco vantaggio economico”.
“Rifugiati e migranti subiscono torture, maltrattamenti e detenzione arbitraria in condizioni disastrose, estorsioni, lavori forzati e perfino uccisioni da parte di funzionari, miliziani e trafficanti libici. In un paese in preda all’anarchia, i rifugiati e i migranti sono diventati una risorsa da sfruttare – una merce attorno alla quale si è sviluppato un intero settore economico, come messo in luce dallo sconvolgente video che è stato reso pubblico nel novembre 2017 in cui alcuni migranti vengono messi in vendita”, si legge nel rapporto “Un oscuro intreccio di collusione”.
Un aspetto su cui Amnesty si è concentrato è la detenzione arbitraria, stimando che sono almeno 20mila i rifugiati e migranti attualmente trattenuti in centri di detenzione gestiti dal DCIM in tutto il paese.
Il rapporto di Amnesty, basato sulle testimonianze dirette, racconta come “alcune guardie del DCIM trattengano donne, uomini e bambini in condizioni terribili in questi centri, e siano direttamente coinvolte nelle torture e in altri maltrattamenti ai danni di rifugiati e migranti, molto spesso finalizzati a estorcere un riscatto a loro o alle loro famiglie in cambio del rilascio da una detenzione arbitraria a tempo indeterminato”.
Il DCIMè un dipartimento del ministero dell’Interno libico, istituito nel 2012 per contrastare i flussi migratori nel paese. Di fatto oggi, è l’istituzione che si occupa di gestire l’immigrazione irregolare nel paese.
Secondo l’Unhcr, il DCIM controlla ufficialmente 33 centri di detenzione attivi. Occorre notare che spesso i centri di detenzione del DCIM sono controllati da milizie non affiliate alle istituzioni statali.
È il caso della struttura di detenzione Nasser a Zawiya, formalmente sotto il controllo del DCIM, ma di fatto gestita da una milizia locale. Questo è uno dei centri utilizzati per la detenzione di persone intercettate in mare dalla Guardia costiera libica.
Quando la Guardia costiera intercetta una barca, i rifugiati e i migranti vengono riportati a terra e trasferiti per prassi ai centri di detenzione gestiti dal DCIM.
“La politica di detenzione indiscriminata della Libia rende più facile non solo la detenzione arbitraria e a tempo indeterminato di africani prevalentemente subsahariani, ma anche un contesto di impunità per torture e altri maltrattamenti, sfruttamento e altri abusi”, si legge ancora nel rapporto.
Nei mesi scorsi sono intervenute anche le Nazioni Unite per esprimere la loro preoccupazione sulla situazione dei rifugiati e migranti in Libia, specialmente in seguito alle misure intraprese dall’Italia per fornire assistenza alla Guardia costiera libica. In un intervento al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, l’11 settembre 2017, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato gli “abusi spaventosi che subiscono i migranti dopo essere stati intercettati e riportati in Libia”.
Amnesty International, l’Unhcr, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani non sono gli unici ad aver documentato e denunciato gli abusi sui diritti umani in Libia:
Nella Giornata Mondiale contro la tortura, l’ong Medici Senza Frontiere (MSF) esprime “la sua preoccupazione nel vedere sottostimati le torture e i maltrattamenti a cui sono sottoposti migranti e rifugiati in Libia”.
“MSF ricorda come la maggior parte dei pazienti dei propri centri di riabilitazione per sopravvissuti a tortura e a trattamenti inumani e degradanti siano rifugiati, richiedenti asilo e migranti, inclusi minori stranieri non accompagnati”, dice la ong.
“Molti dei pazienti che assistiamo a Roma sono passati attraverso la Libia dove sono stati torturati e maltrattati. Per noi che vediamo ogni giorno le conseguenze fisiche e mentali delle torture, è fondamentale esprimere il nostro dissenso di fronte a chi parla di retorica della tortura”, dichiara Anne Garella, capomissione MSF in Italia.
“Dopo anni di lavoro con i pazienti, abbiamo iniziato a capire che la tortura è più di un problema di salute. La tortura dovrebbe essere guardata con una questione sociologica e antropologica che ha conseguenze sulla salute fisica. Crea ferite visibili e invisibili”, dichiara il dottor Gianfranco De Maio, referente medico di MSF.
“Il nostro approccio mira ad aiutare le persone a ricostruire le loro relazioni sociali con gli altri. La tortura e i maltrattamenti attaccano la capacità di una persona di avere relazioni equilibrate e significative. La loro fiducia negli altri è danneggiata e per questo perdono dignità”.
Medici senza frontiere gestisce centri di riabilitazione per i sopravvissuti alla tortura, abusi e maltrattamenti ad Atene, Città del Messico, Roma ed in altri luoghi lungo le rotte migratorie.
“Che da anni in Libia si commettano in modo sistematico crimini contro l’umanità nei confronti dei migranti, sia nelle prigioni del governo sia nei campi di tortura dei trafficanti, è un fatto documentato e incontrovertibile”, dice Medu, che lo ha documentato con il “Rapporto sulle condizioni di grave violazione dei diritti umani dei migranti in Libia” basato su migliaia di testimonianze dirette.
La testimonianza di Aboubakar, 26 anni dalla Sierra Leone:
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