Il 16 febbraio, il procuratore speciale statunitense Robert Mueller ha presentato formalmente le accuse contro 13 russi e tre aziende di Mosca per “cospirazione contro gli Stati Uniti” e “frode”.
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L’uomo ha accusato i 13 russi di aver cospirato a favore dell’allora candidato repubblicano, Donald Trump, ai danni della democratica Hillary Clinton.
Questo nuova azione segna una svolta nel caso Russiagate, l’indagine che riguarda i rapporti intercorsi tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il governo russo nel corso delle elezioni americane del 2016.
La tesi è quella secondo cui i funzionari amministrativi di Mosca abbiano interferito con il voto americano per favorire la vittoria di Trump.
Nel testo presentato da Mueller si legge che queste persone avrebbero diffuso “informazioni diffamatorie” contro i candidati alla presidenza degli Stati Uniti e nelle primarie Hillary Clinton, Marco Rubio e Ted Cruz, così come avrebbero cercato di sostenere il candidato democratico Bernie Sanders ed il repubblicano Donald Trump.
In primo piano emerge il ruolo di una società di San Pietroburgo dal nome “Internet Research Agency‘ (Ira) che, secondo Mueller, cominciò a lavorare già nel 2014 per interferire nelle elezioni statunitensi, usando account falsi sui social media.
Inoltre si ipotizza che i sospetti si siano presentati come rappresentanti di organizzazioni ed attivisti statunitensi, e abbiano organizzato manifestazioni di protesta negli Stati Uniti. Per pagare i dimostranti americani si ipotizza siano stati utilizzati conti bancari russi.
“Le accuse degli Stati Uniti contro 13 cittadini russi relative all’ingerenza nelle elezioni presidenziali del 2016 sono assurde e riflettono la realtà politica americana contemporanea”, ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.