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    I corpi della famiglia Romanov potrebbero essere riesumati

    La Chiesa Ortodossa russa fuori dalla Russia ha chiesto di riesumare la famiglia dello zar Nicola II per effettuare nuovi test del Dna

    Di TPI
    Pubblicato il 24 Set. 2015 alle 13:34 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:13

    L’apposita Commissione investigativa russa ha riaperto il “caso Romanov” dopo la richiesta della Chiesa ortodossa di condurre nuovi test di conferma sull’identità dei resti della famiglia reale. 

    Lo zar Nicola II fu ucciso nella città russa di Ekaterinburg, situata nella regione degli Urali, insieme ai suoi parenti più prossimi il 17 luglio 1918, durante una sollevazione del popolo, un anno dopo l’inizio della rivoluzione russa con cui i bloscevichi rovesciarono lo zar.

    Per questa ragioneNicola II, insieme agli altri membri dei Romanov venne canonizzato dalla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, denominazione ortodossa nata nel 1922 in risposta all’oppressione sovietica della religione.

    La cerimonia di canonizzazione, che si svolse nel 1981 – quando era ancora in piedi l’Unione Sovietica -, fu accompagnata dalle proteste di gruppi di cittadini russi che non accettavano la denominazione di martiri attribuita alla famiglia dello zar dalla Chiesa. Da quel momento, i resti dei Romanov sono stati considerati sacre reliquie, così come quelli della servitù dello zar, anch’essa canonizzata nello stesso anno.

    La questione riguardante l’attendibilità dei resti, comunque, è stata più volte sollevata dalla Chiesa Ortodossa. 

    I primi test del Dna vennero effettuati subito dopo il ritrovamento dei resti, nel 1991 per Nicola II, sua moglie e tre dei cinque figli e nel 2007 per il figlio minore e unico maschio Alessio e per una delle sorelle più giovani. 

    Le analisi furono molto complesse, nel caso del primo ritrovamento, visto che i bolscevichi, dopo aver ucciso la famiglia, bruciarono i cadaveri, li corrosero con l’acido e successivamente li bruciarono di nuovo, per renderli irriconoscibili. 

    I test furono comunque effettuati e si utilizzò, per il paragone del Dna, il sangue ancora presente sull’uniforme dell’imperatore Alessandro II, padre di Nicola, ucciso a San Pietroburgo nel 1881.

    Si trattava di analisi molto semplici ed effettuate, secondo la Chiesa ortodossa, con eccessiva superficialità, vista l’importanza della questione per la fede russa.

    Ora, grazie anche a nuove non meglio specificate prove che la Commissione investigativa avrebbe a disposizione, si potrebbe arrivare a un grado di sicurezza più alto che in passato riguardo alla vera identità dei corpi. 

    Gli eredi della famiglia, però, si dividono sulla decisione della riesumazione, manifestando scontento per il fatto che ancora la Chiesa ortodossa non sia sicura dell’identità dei resti.

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