Il 2 marzo 2018 si celebra il festival di Pongala, nel tempio di Attukal Bhagavathy, a Trivandrum, in India. La cerimonia, che si svolge annualmente, è il più grande festival che coinvolge le donne devote alla dea Attukal Amma, divinità amata dal popolo.
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Una parte fondamentale del festival è il rituale Kuthiyottam, durante il quale ragazzi molto giovani, tra i 5 e i 12 anni, devono subire pesanti penitenze: alla fine della cerimonia, infatti, i loro corpi vengono infilzati sul costato sinistro da un gancio di ferro.
Secondo l’antica tradizione indiana, l’antico rito di iniziazione del piercing era necessario, per i giovani, affinché la dea Attukal Amma gli conferisse bellezza interiore ed esteriore, salute, ricchezza e felicità.
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Il sito web del tempio di Attukal Bhagavathy descrive i bambini come “soldati della dea”, affermando che il rituale implica “una rigorosa disciplina fisica e mentale”.
Ma al di là delle tradizioni e delle credenze religiose, nel 2018 la direttrice generale della polizia del Kerala, R. Sreelekha, ha cercato di fermare una simile violenza sui bambini.
La donna, infatti, ha pubblicato un post sul suo blog in cui parlava del rituale Kuthiyottam definendolo semplicemente come una “crudeltà”.
Sreelekha ha detto che il rituale è un’attività criminale anche – e soprattutto – perché i bambini non sono nemmeno in grado di rendersi conto che si sta commettendo un crimine su di loro.
I giovani vengono “torturati” e “sottoposti a severi abusi fisici e mentali per cinque giorni”: la direttrice generale della polizia ha infatti raccontato che “i ragazzi di età compresa tra i 5 e i 12 anni sono costretti a indossare solo un lembo, immergersi tre volte al giorni nell’acqua fredda, mangiare squisiti bocconi sul pavimento e dormire sul pavimento del tempio senza nulla sotto”.
La descrizione del rituale Kuthiyottam sul blog di R. Sreelekha
“Sì, recitano anche i mantra e obbediscono ciecamente ai loro capi. Non sono autorizzati a vedere i loro genitori durante questo periodo. E l’ultimo giorno, ognuno di loro viene rivestito di panni gialli, ghirlande, gioielli e trucco sul viso (compreso il rossetto) e si mette in fila per la sua ultima, inaspettata tortura”.
“Un gancio di ferro, per quanto piccolo, viene infilato nella loro pelle sui fianchi. Loro gridano. Il sangue sgorga. E un filo viene simbolicamente annodato attraverso i ganci per simboleggiare il loro legame con la divinità”, spiega Sreelekha.
“Dopodiché i ganci vengono tirati fuori e viene grossolanamente applicata la cenere sulle ferite! Tutto questo per la divinità del tempio! I genitori potrebbero anche sentirsi sollevati per il fatto che i loro figli diventino bambini disciplinati e che vadano bene nei loro studi. Ma anche i bambini si sentiranno allo stesso modo? E come si sentirà la nostra cara Attukal Amma?”
La donna ha inoltre ricordato che una tale crudeltà verso i bambini, in India, è punibile ai sensi degli articoli 89, 319, 320, 349, 350, 351 del codice penale indiano, della Juvenile Justice Act e si può anche essere penalizzati dalla Child Welfare Commission Act.
La direttrice generale della polizia indiana R. Sreelekha ha scritto infine che nessuno ha mostrato la volontà di lamentarsi degli abusi sui giovani ragazzi.
“Chi si lamenterà? I genitori non lo faranno, quelli che assisteranno non lo faranno – dal momento che non hanno alcun diritto di agire. Sarà un bambino a lamentarsi? E come farà a sapere che un crimine è stato commesso su di lui? Tutte le persone con cui ho parlato, e che sapevano di questa tortura sui bambini, non stavano pianificando di fare nulla!”
Sreelekha ha infine raccontato il motivo che l’ha spinta a lottare per impedire che, tramite il rituale, si continui a perpetuare questo tipo di violenza su bambini così giovani.
“L’anno scorso, il figlio del mio addetto alla sicurezza personale era uno dei cosiddetti soldati di Attukal Amma. Sembrava infelice ogni volta che lo vedevo tra la folla di ragazzi. Tutti i bambini che indossavano i panni bagnati avevano lo stesso sguardo delle capre sacrificali di Kamakhya.
‘Poverino, perché l’hai mandato contro la sua volontà?’ Chiesi al padre del ragazzo. ‘Signora, non gli ho detto del piercing dell’ultimo giorno. Se lo avesse saputo, sarebbe scappato di casa’. Ha risposto lui. È stato uno shock per me. Non avevo mai saputo, fino ad allora, che questi poveri ragazzi venivano effettivamente trafitti da un gancio.
“Pensavo semplicemente che ci sarebbe stato qualche legaccio simbolico intorno alla vita. In tutti questi anni non avevo mai visto nessuna immagine di ragazzi trafitti sui media. Non avevo letto neppure alcun rapporto sui giornali”.