L’ex presidente del Ciad Hissène Habré è stato condotto a forza nel Palazzo di giustizia della capitale senegalese Dakar lunedì 7 settembre 2015, per continuare il processo a suo carico in cui è accusato di crimini di guerra.
Per la corte l’ex presidente sarebbe responsabile della morte di circa 40mila uomini, perseguitati, torturati e uccisi tra il 1982 e il 1990, anni in cui era al governo.
È la prima volta che uno stato africano mette sotto giudizio il leader di un altro Paese.
Nel corso della seduta, Habré ha interrotto più volte il processo attaccando verbalmente i giudici rifiutandosi di collaborare.
Il processo era iniziato a luglio e poi successivamente interrotto in seguito ai disordini provocati dall’ex leader del Ciad che aveva respinto i membri della propria difesa.
Habré si rifiuta di riconoscere come legittima la corte che lo giudica e nega le accuse a suo carico.
A giudicare l’ex dittatore è un tribunale speciale convocato in Senegal sotto il comando dell’Unione africana, l’organizzazione internazionale che racchiude tutti gli stati del continente africano – ad eccezione del Marocco – e che ha il potere di mettere sotto giudizio i casi di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità all’interno dei propri stati membri.
Il processo arriva dopo 25 anni di tentativi da parte dei gruppi di sostegno delle vittime di portare a giudizio l’ex dittatore.
Habré era in esilio in Senegal dal 1990. Diversi erano stati i tentativi di estradizione in Belgio dell’ex presidente, dove sarebbe stato in seguito arrestato e giudicato. Solo nel 2012, dopo l’elezione del nuovo presidente senegalese Macky Sall, fu annunciata la costituzione di una corte straordinaria presieduta dall’Unione africana per processare Habré.
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