Diminuzione degli sprechi, minore dipendenza dalle importazioni e creazione di posti di lavoro. È questo l’ambizioso obiettivo posto dal commissario all’ambiente Ue, Janez Potočnik, nel proporre nuovi livelli di riciclaggio dei rifiuti urbani e degli imballaggi.
I Paesi membri dovranno raggiungere il 70 per cento di riciclaggio dei rifiuti per i rifiuti urbani e l’80 per cento per gli imballaggi entro il 2030.
Il rilancio dell’economia verde e lo sviluppo fondato sulla diminuzione degli sprechi sono tra i principali obiettivi della Commissione europea, che ha deciso di rivedere la previsione sul riciclaggio di rifiuti, precedentemente fissata al 50 per cento nel 2020.
Il trend degli ultimi anni è positivo: nel 1995 i Paesi membri riciclavano il 18 per cento, nel 2012 il 42 per cento. Il 70 per cento non sembra dunque irraggiungibile. Sorge piuttosto qualche dubbio nel valutare l’eterogeneità dei dati. Si va dall’1 per cento della Romania, dove quasi tutti i rifiuti vengono interrati, al 65 per cento della Germania, patria europea del riciclaggio. Potočnik si dice convinto che saranno proprio i Paesi meno virtuosi a trarre maggior beneficio dall’iniziativa, grazie alla possibilità di creare posti di lavoro in loco legati alla green economy.
L’Italia si trova a metà della strada con il 38 per cento di riciclaggio di rifiuti urbani. Ancora molto alto il dato sulle discariche dove vengono interrati il 41 per cento dei rifiuti. Una grande differenza si riscontra anche nell’utilizzo degli inceneritori. In paesi come Bulgaria, Romania, Grecia e Croazia non si utilizzano gli inceneritori, mentre in Danimarca e Svezia (52 per cento) e Olanda (49 per cento) rappresentano la principale soluzione di smaltimento.