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    Quale politica della concorrenza nell’era digitale? Pregi e difetti del Report UE

    Il Report commissionato dalla DG Competition (Commissione Europea) dedicato alla politica della concorrenza nell’era digitale è stato discusso nell’incontro organizzato a Roma dall’Istituto per la Cultura dell’Innovazione

    Di TPI
    Pubblicato il 23 Giu. 2019 alle 13:50 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:43

    La continua e rapida evoluzione delle tecnologie ha determinato cambiamenti enormi nel mercato, che sollevano inter alia quesiti in merito alla ottimale applicazione della normativa antitrust e alle sfide che il digitale pone per il diritto della concorrenza – dall’accertamento dell’esistenza del potere di mercato alla definizione delle fattispecie abusive, dalla necessità di promuovere l’innovazione digitale alla tutela del benessere dei consumatori.

    Nel corso del 2019, l’Istituto per la Cultura dell’Innovazione ha organizzato una serie di eventi per seguire i lavori della CommissioneEuropea. L’ultimo si è tenuto il 27 maggio a Roma. Come relatori, sono intervenuti Andrea Pezzoli (Direttore Generale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), Antonio Nicita(Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), Giuseppe Colangelo (Professore di Diritto ed Economia all’Università della Basilicata), Cristina Schepisi (Professore di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università Parthenope di Napoli) e Alberto Gambino (Pro-rettore dell’Università Europea di Roma e Presidente dell’Accademia Italiana del Codice Internet). L’evento ha visto anche la partecipazione di Augusto Preta, economista e direttore generale di IT Media Consulting.

    Il seminario è stato introdotto dal Dott. Alessandro Albanese Ginammi (Presidente dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione) e dal Dott. Valerio Torti (Research Fellow dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione). Il motivo che ha ispirato l’organizzazione dell’evento è stata la recente pubblicazione del Rapporto UE sulla politica della concorrenza per l’era digitale elaborato dai professori Cremer (Toulouse School of Economics), de Montjoye (Imperial College London) e Schweitzer (Università Humboldt di Berlino), e commissionato agli stessi autori dal Commissario Margrethe Vestager(Commissione Europea) – (evento dunque intitolato Politica della concorrenza nell’era digitale: follow up alla relazione della Commissione europea della DG COMP).

    Il Dott. Torti, in apertura, è stato critico verso il Rapporto e ha sottolineato la necessità di trovare il giusto equilibrio tra gli interessi delle piattaforme digitali dominanti, da un lato, e gli interessi dei consumatori e delle imprese concorrenti che cercano di entrare nei mercati, dall’altro. Come lo stesso ha poi proseguito, è opportuno evitare i rischi di under-enforcement della legge antitrust nei mercati digitali – come anche spesso evidenziato dai rappresentanti delle autorità antitrust in Italia ed in UE; allo stesso tempo, tuttavia, è anche auspicabile evitare casi di over-enforcement, a discapito di quelle piattaforme digitali che intraprendono investimenti consistenti per innovare e promuovere rapidamente il benessere dei consumatori. In breve, gli ecosistemi digitali non dovrebbero essere interpretati automaticamente come pericolosi buchi neri che intrappolano il consumatore; piuttosto, è necessaria un’analisi equilibrata delle condotte commerciali di tutti i diversi attori, caso per caso ed a sostegno di un approccio promotore del benessere sociale.

    Nello specifico, riportando le parole del ricercatore dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione: «Il Report prende in considerazione la politica della concorrenza e la sua evoluzione nei mercati digitali. Gli autori sembrano suggerire che le autorità in futuro dovranno avvalersi in misura crescente della consulenza non solo di giuristi ed economisti, ma anche di professionisti nel campo dell’informatica e dell’ingegneria, al fine di comprendere a fondo le dinamiche che caratterizzano i mercati nella data economy».

    In merito al Report UE, il Dott. Torti ha poi aggiunto una riflessione interessante che mostra i pericoli di un intervento antitrust non ponderato: «Lo stesso documento viene presentato dagli autori come neutrale, senza particolari sbilanciamenti né verso un over-enforcement né verso un under-enforcement della normativa antitrust. Tuttavia, alcuni spunti potrebbero forse far pensare che gli autori sostengano in realtà un approccio più interventista, soprattutto in relazione a quelle fattispecie caratterizzate da incertezza – in cui magari non è ben chiara la definizione dei mercati, se vi sia o meno market power, oppure non è ben chiara la quantificazione o l’esistenza stessa del danno ai consumatori».

    Diverse sono le macro-tematiche affrontate nel Report, dal citato approccio delle autorità antitrust, al ruolo delle piattaforme e all’importanza dell’accesso ai dati, sino alle problematiche causate dall’acquisizione di piccole start-up del digitale da parte di piattaforme dominanti. «In relazione ai dati – ha evidenziato il Dott. Torti – gli autori correttamente distinguono quei casi in cui un rifiuto di concedere l’accesso potrebbe sfociare in un abuso di posizione dominante, dai casi in cui di abuso non si dovrebbe parlare a fronte della possibilità di duplicare i dati stessi o di ottenerli attraverso molteplici canali».

    Ci si potrebbe chiedere, dunque, se il Report presentato dai tre accademici sia effettivamente bilanciato, ossia se prenda in considerazione in maniera ponderata sia gli interessi di consumatori e piccole imprese da un lato, che gli obiettivi delle grandi piattaforme che dominano il panorama digitale dall’altro. O se invece vada interpretato come un rapporto che demonizza in un certo senso gli ecosistemi digitali, considerati da alcuni come black holes da cui il consumatore ha difficoltà ad uscire. «Non va dimenticato – ha concluso il Dott. Torti – che anche le grandi imprese protagoniste della data economy necessitano di incentivi concreti al fine di continuare ad investire nell’innovazione e nello sviluppo di prodotti e servizi di qualità; e dunque contribuire in modo rapido ed efficace all’incremento del consumer welfare».

    Ulteriori spunti interessanti sono stati elaborati dagli altri relatori dell’evento. Ad esempio, si è sottolineato come gli strumenti antitrust possano ancora essere interpretati come adeguati nell’era digitale, posto che è comunque necessario basarsi su una chiara definizione dei mercati rilevanti e su solide valutazioni in tema di potere di mercato e danno. Tuttavia, gli strumenti antitrust non sono sempre i più adatti per affrontare le possibili problematiche, come ad esempio avviene nel caso della tutela della privacy.

    Al primo evento dell’Istituto sul tema della concorrenza, Commissione Europea (Direttore Media Policy Giuseppe Abbamonte), AGCOM (Marco Delmastro), AGCM (Guido Stazi) e Garante per la Protezione dei Dati Personali (Giuseppe Busia) avevano già evidenziato alcuni rischi prima ancora della pubblicazione del Report. Proprio il Garante per la protezione dei datipersonali si era espresso in questi termini: «Con riferimento alle grandi raccolte di dati personali non si possono utilizzare gli strumenti antitrust tradizionali, che ad esempio – secondo quanto è stato suggerito – potrebbero comportare la messa a disposizione dei dati detenuti dal soggetto più forte a favore dei concorrenti. I dati personali “appartengono” infatti alla persona alla quale si riferiscono, che ha il diritto di controllarne liberamente l’utilizzo».

    La regolamentazione può dunque rivelarsi uno strumento più adeguato in determinate circostanze e il recente approccio adottato nel caso Facebook in Germania non può essere condiviso. In tema poi di ruolo e valore dei dati, appare necessario verificare se gli stessi possano essere duplicati e se esistano effettive barriere all’ingresso sul mercato prima di ricorrere al diritto della concorrenza. L’enforcement antitrust può essere dannoso qualora si considerino i dati come un mero bene proprietario. Si può concordare comunque con l’approccio del Rapporto e condividere l’opinione secondo cui i dati non possono essere considerati automaticamente come ‘infrastrutture essenziali’.

    Infine, in relazione al ruolo ed alle funzioni delle piattaforme, sonoevidenti i vantaggi di avere diversi modelli di business nell’ambiente delle piattaforme. Nel contesto dei mercati a più versanti, appare opportuno prendere in considerazione vantaggi e svantaggi per entrambi i “lati”, al fine di individuare un giusto equilibrio. Proprio alle piattaforme è attribuita dal Report una responsabilità speciale derivante dal loro ruolo di introdurre regole a disciplina dell’interazione tra i vari attori. Tuttavia, tale prospettiva potrebbe risultare problematica. Le piattaforme hanno le loro regole per sopravvivere, non sono beni comuni.

    Nel complesso, è comunque auspicabile preservare come priorità il benessere dei consumatori, che si basa tra l’altro sulla qualità e sull’innovazione – e la qualità dei servizi può migliorare in caso di maggiore disponibilità di dati per le piattaforme.

    A cura dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione

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