Regno Unito, dimissioni a raffica dal governo Johnson: “Ha le ore contate”
Il governo di Boris Johnson si avvicina alla fine, affondato da una serie interminabile di dimissioni. Più di 30 tra ministri e sottosegretari hanno lasciato l’esecutivo nel giro di poche ore, a seguito dell’ennesimo scandalo che ha travolto l’ex sindaco di Londra, indebolito dalle recenti sconfitte elettorali.
Il premier britannico finora ha tenuto duro, rassicurando il parlamento sulla tenuta dell’esecutivo, con la garanzia che il governo “continuerà” il suo lavoro. “È esattamente quando i tempi sono duri e il paese affronta pressioni sull’economia e la più grande guerra in Europa da 80 anni che è il momento in cui ci si aspetta che un governo continui con il suo lavoro e non se ne vada“, ha detto al question time di oggi. “Ed è quello che farò”, ha aggiunto Johnson, che ha escluso nuove elezioni se sarà sfiduciato dai suoi colleghi del partito conservatore.
Nonostante le rassicurazioni, diversi ministri rimasti nel governo si stanno preparando a incontrare Johnson a Downing Street, per convincerlo a fare un passo indietro. Tra i membri della delegazione anche il nuovo cancelliere dello Scacchiere Nadhim Zahawi, oltre alla ministra dell’Interno Priti Patel. Non sarà presente invece Michael Gove, che avrebbe tentato di convincere il vecchio alleato pro-Brexit stamattina, prima del question time, a cui Gove non era presente.
A scatenare la raffica di dimissioni è stato lo scandalo legato a Chris Pincher, nominato vice capogruppo dei Tory nonostante le accuse di molestie sessuali. Le defezioni più rilevanti sono state finora quelle di Rishi Sunak da cancelliere dello Scacchiere, il ministro responsabile delle Finanze, e quelle di Sajid Javid dall’incarico di ministro della Salute. Entrambi gli ex ministri sono considerati in corsa per la leadership dei conservatori, in crisi nei sondaggi.
Johnson è già reduce di un altro voto di sfiducia, tenuto appena un mese fa, in cui è stato riconfermato solo con il 59 percento dei voti dei parlamentari conservatori. Una quota di scontenti maggiore di quella che ha votato contro Theresa May nel 2018 e Margaret Thatcher nel 1990, una settimana prima delle dimissioni della “Lady di ferro”. Il partito adesso sta valutando se cambiare le regole interne per consentire un altro voto sul primo ministro senza attendere un anno, come previsto attualmente.