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    Recluse durante il ciclo mestruale

    In Nepal è molto diffusa la pratica del Chaupadi, nonostante sia stata ufficialmente abolita nel 2005

    Di Laura Ballerini
    Pubblicato il 25 Nov. 2014 alle 11:58 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 12:39

    Durga Buda è una donna di 31 anni che vive con la sua famiglia in un villaggio del distretto di Kailali, nell’ovest del Nepal.

    Ogni mese, passa il periodo delle sue mestruazioni in un cortile, all’interno di una minuscola baracca di bambù, tenuta in piedi da fango e sterco.

    Non mangia con la sua famiglia, non beve dalla loro stessa fonte d’acqua, non tocca il bestiame e non entra in casa o nei templi.

    Come molte donne di quell’area del Nepal, Durga vive quei giorni del mese in esilio, al freddo e nella paura degli animali selvatici.

    Questa pratica, chiamata Chaupadi, deriva dall’antica tradizione induista che considera il sangue mestruale impuro e le donne, durante questo periodo, infette.

    “Se tocchiamo un uomo o qualsiasi altra cosa si trovi in casa, si crede che la contaminiamo“, spiega Durga ai giornalisti di Al Jazeera. “Se cuciniamo o usiamo l’acqua dei pozzi e delle cisterne comuni, il nostro dio, Debti, ci punirà”.

    Le nostre gambe e braccia verranno torte e ci verranno cavati gli occhi. La frutta marcirà, le mucche non daranno più latte, i pozzi si seccheranno, le nostre case bruceranno e le tigri ci attaccheranno nella notte”.

    Nonostante la Chaupadi sia stata proibita dalla Corte nepalese nel 2005, nell’ovest del Paese viene tutt’ora praticata. Nel distretto di Archham il 95 per cento delle donne ha passato i giorni mestruali reclusa nelle baracche lontane dalle abitazioni, bandita da ogni contatto con il resto della comunità.

    Molte donne scelgono di sottoporvisi per paura delle ritorsioni divine, mentre ad altre viene imposto dalle famiglie, che impediscono loro di entrare in casa.

    Nelle piccole capanne fuori delle loro abitazioni, le donne sono esposte a molti pericoli. Alcune vengono violentate, rapite o morse dai serpenti, altre si bruciano con il fuoco nel tentativo di scaldarsi oppure muoiono di ipotermia o asfissia.

    Sarmila Bhul aveva 15 anni quando morì per cause sconosciute mentre praticava la Chaupadi a Ridikot, un villaggio nell’ovest del Nepal. Dopo la sua morte, il padre Yagraj ha deciso che né sua moglie né le altre figlie avrebbero più osservato questa tradizione.

    Come loro anche Maheshwari Bista, una donna di un villaggio dell’ovest, ha scelto di voltare le spalle alla Chaupadi. Sei anni fa ha fatto costruire una nuova stanza nella casa, per dormire separata dal marito nel periodo mestruale, rimanendo però al caldo e al sicuro.

    Le altre donne del villaggio hanno fatto lo stesso, senza che i mariti si opponessero, trovando così un proprio modo per osservare l’antica tradizione. In altri villaggi, le donne hanno scelto di non passare più la Chaupadi da sole, ma di riunirsi e cantare insieme intorno al fuoco.

    “Questa tradizione ha un impatto estremamente alto sulla psiche e la salute mentale delle donne, la loro autostima viene completamente schiacciata”, spiega Poulomi Basu, la fotoreporter indiana che ha intrapreso un viaggio tra i villaggi del Nepal per documentare la Chaupadi.

    “Il cambiamento sta lentamente arrivando grazie ai programmi scolastici e all’arrivo della tecnologia, ma la Chaupadi è così radicata nella loro vita che le campagne per l’igiene femminile e l’impegno del governo non la estirperanno nel breve termine”.

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