Hanno cercato di nasconderlo, di non dargli troppo visibilità. E infatti è stato pubblicato a sorpresa in occasione del Black Friday, giornata di festa in cui da tradizione la maggior parte degli americani guarda il football o fa shopping.
Ma il quarto Rapporto nazionale Usa sul clima anima il dibattito politico perché contraddice la posizione della Casa Bianca sul surriscaldamento globale che continua a negarne l’esistenza. Il documento spinge per un’inversione di rotta rispetto alle politiche molto poco ambientali del presidente Donald Trump.
Secondo il rapporto, redatto da 300 scienziati e che ha coinvolto 13 agenzie federali tra cui il Pentagono, il cambiamento climatico è già cominciato e sta creando molti danni. Se non si invertirà rotta, la spesa per farvi fronte di qui al 2090 potrebbe costare fino a 500 miliardi dollari all’anno. Con una buona notizia: si può fare ancora qualcosa.
Nelle oltre 1.600 pagine c’è una chiara connessione tra il cambiamento climatico e l’abbassamento delle acque del Colorado River Basin, che si spande in sette stati e rifornisce 30 milioni di persone, o il diffondersi della malattia di Lyme, trasmessa dalle zanzare.
“Gli impatti e i costi dei cambiamenti climatici sono già stati avvertiti negli Stati Uniti e le variazioni nella probabilità o nella gravità di alcuni recenti eventi meteorologici estremi possono ora essere attribuite con una fiducia sempre maggiore al riscaldamento causato dall’uomo”, spiega il rapporto.
Il documento stila i rischi: danni a infrastrutture, perdita di giorni di lavoro, intere comunità che dovranno muoversi per i danni subiti dai cataclismi che ci attendono: uragani, incendi, tempeste. L’aumento della temperatura (fino a quasi 5 gradi) metterà sotto pressione la rete elettrica statunitense. Il tutto potrebbe costare fino al 10 per cento del Pil Usa (circa 2 trilioni di dollari).
Ma il presidente Trump, prima in un tweet e poi in diverse interviste ha ripetuto: “Non ci credo”. Nonostante lo scetticismo presidenziale, la Casa Bianca non ha avuto scelta se rendere pubblici o no i risultati di questa ricerca. È la legge. Infatti lo US Global Change Research Program è stato fondato da Bush padre dopo una legge del 1990 che impone al Governo di monitorare il clima. Ma non solo: ogni quattro anni gli esperti devono sottoporre al presidente e al Congresso un rapporto con risultati aggiornati.
Al contrario di quelli pubblicati precedentemente (2000, 2009, 2014), il quarto rapporto è molto esplicito sull’impatto del cambiamento climatico sull’economia nazionale e la vita di tutti i giorni. E raccomanda nuove infrastrutture, più investimenti nelle energie rinnovabili, una riduzione drastica sul consumo dei combustibili fossili.
Raccomandazioni ben lontane dalla linea di Trump sull’ambiente. Per questo ha cercato di nascondere il rapporto, pubblicandolo il giorno dopo Thanksgiving anziché a dicembre in concomitanza count summit sull’ambiente a Washington Dc. Nella speranza che non lo leggesse nessuno. Si sbagliava.
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