Il governo spagnolo ha deciso che entro il 16 ottobre il presidente catalano Carles Puigdemont dovrà confermare se ha dichiarato l’indipendenza o meno. Nel pomeriggio dell’11 ottobre, all’indomani del discorso con cui Puigdemont ha proclamato l’indipendenza, ma ha sospeso i suoi effetti per tentare di negoziare con Madrid, il premier Mariano Rajoy è intervenuto al Congresso dei deputati spagnoli.
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Il premier ha detto che la crisi catalana rappresenta un momento molto grave per la democrazia spagnola e ha definito il referendum del 1 ottobre “illegale”, organizzato per mettere in discussione i principi della democrazia, la tenuta della Spagna e lo statuto catalano.
Rajoy ha criticato duramente la Generalitat de Catalunya, colpevole di aver portato avanti un attacco sleale e pericoloso alla convivenza pacifica di tutti i cittadini spagnoli.
Il premier ha chiesto al governo catalano chiarimenti riguardo le dichiarazioni di Puigdemont di ieri. Le decisioni di Madrid dipenderanno dalle sue risposte.
Rajoy ha detto che Convergenza democratica di Catalogna, il partito di Carles Puigdemont, non ha mai avuto il supporto della popolazione per portare avanti l’indipendenza ma, nonostante questo, ha preferito cedere ai ricatti del partito anti-establishment di Candidatura di Unità Popolare (CUP) e sostituire l’ex leader Artur Mas.
Il premier ha parlato anche delle violenze in Catalogna durante il giorno del referendum: “Nessuno può essere contento di quello che è successo lo scorso 1 ottobre. I veri responsabili sono coloro che in maniera ostinata hanno insistito a mantenere i seggi aperti, organizzando gruppi di attivisti per impedire alle forze dell’ordine di metterli sotto sequestro”.
“Una democrazia non può essere esercitata al di fuori delle regole che la governano. Nel caso queste regole vengano violate, la democrazia cessa di esistere. Votare contro o al di fuori di essa non è democrazia”, ha detto Rajoy.
Nella mattinata dell’11 ottobre si è svolta una riunione d’emergenza del governo a Madrid.
Al suo termine, il premier spagnolo Mariano Rajoy ha illustrato alla stampa le decisioni prese in risposta alle recenti dichiarazioni del presidente della Catalogna Carles Puigdemont.
Il 10 ottobre, nel corso del suo intervento al parlamento di Barcellona, Puigdemont ha prima annunciato l’indipendenza della regione per poi sospenderla, in modo tale da permettere l’avvio di una fase di negoziati.
Il premier Rajoy ha chiesto maggior chiarezza al presidente catalano: in base alla sua risposta, Madrid adotterà le misure necessarie. Non è esclusa quindi l’applicazione dell’art. 155 della Costituzione, che concede il potere all’autorità centrale di riprendere il controllo della comunità nel caso quest’ultima “non ottemperi agli obblighi imposti dalla Costituzione o dalle altre leggi, o si comporti in modo da attentare gravemente agli interessi generali della Spagna”.
Rajoy non ha chiuso le porte a un confronto con gli indipendentisti, ma ha invitato Barcellona a evitare dichiarazioni confuse.
Ha inoltre affermato che è suo interesse agire con prudenza e responsabilità nei confronti di tutti i cittadini spagnoli, anche di coloro che sono favorevoli alla secessione.
Nel corso di una conferenza stampa Pedro Sánchez, segretario del Partito socialista spagnolo (PSOE), si è espresso favorevolmente sulle dichiarazioni di Rajoy e ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il governo riguardo una possibile riforma costituzionale entro i prossimi sei mesi. La riforma cambierebbe il modo in cui le province autonome della Spagna sono governate.
Un comitato avrà il compito di studiare per sei mesi la normativa con cui sono regolate attualmente le autonomie, successivamente il parlamento spagnolo discuterà la riforma. Sánchez ha appoggiato inoltre la richiesta di chiarezza proveniente da Rajoy.
Alle 11 dell’11 ottobre c’è stata una seduta di question time al Congresso dei deputati, la Camera bassa del parlamento spagnolo, dove alle 16 arriverà il premier per riferire su quanto accaduto in Catalogna.
Prima dell’inizio della riunione d’emergenza c’è stato un colloquio telefonico di circa un quarto d’ora tra il primo ministro Rajoy e Albert Rivera, presidente del partito Ciudadanos. Ieri sera il premier ha discusso la situazione con Pedro Sánchez.
L’annuncio della seduta d’emergenza a Madrid è arrivato ieri sera nel corso di una conferenza stampa di Soraya Saenz de Santamaria, vicepresidente del governo, secondo la quale Puigdemont non ha alcun diritto di imporre un confronto con il governo centrale.
Ieri il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, di fronte al parlamento di Barcellona, ha affermato che la Catalogna ha diritto all’indipendenza, chiedendo però prima il dialogo con le autorità di Madrid. Puigdemont infatti ha assunto il mandato per proclamare l’indipendenza della regione dalla Spagna, riconoscendo i risultati del referendum, ma ha chiesto all’assemblea di sospendere gli effetti di questa dichiarazione per permettere una trattativa con il governo centrale.
Il discorso del presidente catalano, che doveva tenersi alle 18 e che è stato rimandato di un’ora, è stato seguito in diretta televisiva da milioni di persone e con la polizia catalana, i Mossos d’Esquadra, che ha circondato il parlamento della regione autonoma, per evitare l’accesso del pubblico.
Intorno all’edificio si sono radunate anche diverse persone che hanno manifestato a favore dell’indipendenza catalana, mentre altri hanno voluto esprimere la propria preoccupazione riguardo una dichiarazione unilaterale, protestando contro Puigdemont.
Il presidente catalano ha infatti definito la questione non più un problema locale, ma europeo.
Cosa ha detto Puigdemont
Puigdemont ha esordito sostenendo che le divisioni all’interno della Catalogna devono essere superate, riconoscendo come i catalani siano tutti parte di un unico popolo, che “deve restare unito”.
“Tutto passerà per la democrazia e il dialogo”, ha detto Puigdemont. Il presidente catalano ha poi annunciato come la dichiarazione dell’indipendenza della Catalogna sia il risultato della volontà popolare e del governo locale e non di una sua decisione personale.
Puigdemont ha quindi proceduto a enunciare i risultati della consultazione, denunciando le violenze da parte della polizia spagnola contro i cittadini catalani che cercavano di votare pacificamente il 1 ottobre, definendole un caso unico nella storia dei referendum in Europa.
Il presidente catalano ha voluto ringraziare gli organizzatori e gli elettori, in particolare i feriti, che hanno preso parte alla consultazione referendaria.
“La polizia non ha raggiunto il suo scopo, perché oltre due milioni di catalani non hanno avuto paura e hanno votato al referendum”, ha detto.
Il presidente catalano ha poi criticato Madrid per non aver concesso alla Catalogna di tenere un referendum legale per l’indipendenza, sul modello di quello tenutosi in Scozia nel 2014.
Puigdemont ha poi citato diversi sondaggi pubblicati da quotidiani locali che sostengono come la maggioranza dei catalani, “milioni di persone”, vogliano una Catalogna indipendente, accusando il comportamento della polizia per la bassa affluenza alla consultazione del 1 ottobre.
Dopo un excursus storico dei passi intrapresi dalla regione per conquistare la propria autonomia, il presidente ha detto di voler inviare al resto della Spagna un messaggio di “serenità e di rispetto”, sostenendo il dialogo con le istituzioni centrali.
“Non siamo dei delinquenti, non siamo pazzi e non siamo golpisti”, ha detto Puigdemont. “Siamo persone normali che chiedono di poter votare”.
Puigdemont ha detto che il referendum ha portato la Catalogna a essere più rispettata nel mondo.
“Non abbiamo nulla contro la Spagna e gli spagnoli” ha aggiunto. “Il popolo catalano reclama la propria libertà”.
“C’è un prima e un dopo l’1 di ottobre”, ha detto Puigdemont. “Prendo atto dei risultati del referendum e, come presidente, annuncio che la Catalogna si costituirà come stato indipendente in forma repubblicana”.
Il presidente catalano ha poi chiesto al parlamento di Barcellona di approvare questa dichiarazione di indipendenza, sospendendone però gli effetti per permettere il dialogo con le autorità spagnole del governo centrale.
Puigdemont ha chiesto un dialogo “responsabile e rispettoso” con Madrid. Il presidente catalano ha poi fatto un appello alle imprese di lasciare le proprie sedi nella regione autonoma.
Puigdemont ha poi invocato la fine della repressione spagnola e ha chiesto all’Unione europea di mediare e comprendere la posizione di Barcellona.
“Se tutto il mondo si impegnerà a fondo, il conflitto si può risolvere in maniera calma e nel rispetto della volontà popolare”, ha detto il presidente catalano.
Cosa succederà ora
Secondo fonti citate dall’agenzia Bloomberg, le autorità spagnole avrebbero un mandato d’arresto già pronto per Puigdemont. A seguito delle dichiarazioni di Puigdemont, il governo potrebbe anche sospendere parzialmente l’autonomia della Catalogna, ricorrendo all’art. 155 della Costituzione spagnola.
Non è da escludere neanche la possibilità che il governo dichiari lo stato d’emergenza, facendo ricorso invece all’art. 116 del testo costituzionale. Una scelta decisamente più drastica che coinvolgerebbe anche l’utilizzo dell’esercito.
Soraya Saenz de Santamaria, vicepresidente del governo di Rajoy, aveva detto che una dichiarazione di indipendenza da parte di Puigdemont “non sarebbe rimasta senza risposta” da parte dello stato centrale.
Lo scenario
Nelle ore immediatamente precedenti al proprio discorso, Puigdemont ha subìto forti pressioni sia dal fronte degli indipendentisti, sia da quello degli unionisti, per evitare di proclamare unilateralmente il divorzio immediato da Madrid, attuando i risultati del contestato referendum del 1 ottobre.
Alcune personalità catalane di spicco, come la sindaca di Barcellona Ada Colau, avevano chiesto al presidente della comunità autonoma di rinviare la decisione per aprire un possibile confronto con il governo centrale.
“Chiedo di nuovo a Puigdemont e al primo ministro Mariano Rajoy di non prendere nessuna decisione che potrebbe spazzare via le possibilità di un dialogo e di una mediazione”, ha detto la sindaca. “Senza dubbio questo è il gesto più audace che possano fare”.
Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha dichiarato che impedirà l’indipendenza della Catalogna in ogni modo e ha annunciato che Madrid è disposta ad adottare tutte le misure necessarie per fermare gli indipendentisti.
Il ministro degli Esteri spagnolo, Alfonso Dastis, ha definito l’intervento di Puigdemont al parlamento catalano “un trucco per dire tutto e il contrario di tutto”, ma non ha chiuso le porte a un confronto nei limiti stabiliti dalla Costituzione.
“Non possiamo accettare che una parte dei catalani decida per tutta la Spagna”, ha aggiunto il ministro.
Dastis ha escluso la possibilità che in Catalogna possa svolgersi un altro referendum in quanto contrario alle leggi.
L’Unione europea si è schierata accanto alla Spagna e ha fatto sapere alle autorità della comunità autonoma, per bocca del presidente del Parlamento europeo Tajani, che una Catalogna indipendente non uscirebbe automaticamente anche dall’Unione.
Il presidente del Consiglio Donald Tusk aveva inoltre detto che le conseguenze di una dichiarazione di indipendenza sarebbero state “pessime sia per i catalani, che per la Spagna, che per l’intera Europa”.
Sigmar Gabriel, ministro degli Esteri tedesco, ha affermato che l’unica soluzione alla questione catalana è un confronto tra Madrid e Barcellona su basi costituzionali.
Il presidente catalano ha invece incassato anche il sostegno di altri partiti indipendentisti d’Europa. La prima ministra scozzese, Nicola Sturgeon, che si batte per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito, aveva sottolineato come fosse ora che “il governo spagnolo rispetti il diritto del popolo catalano di determinare il proprio futuro”.
La Sturgeon ha però chiesto a entrambe le parti di sedersi a un tavolo per trovare una soluzione negoziata.
Le reazioni dei mercati
Intanto sono aumentate le aziende che, preoccupate dall’instabilità che ha fatto seguito al referendum del 1 ottobre, hanno già deciso di spostare la propria sede al di fuori dalla Catalogna.
Dopo la decisione di Caixabank, il primo istituto bancario catalano, di trasferirsi da Barcellona a Valencia, anche il marchio automobilistico Seat potrebbe lasciare la regione autonoma.
Domenica 8 ottobre, almeno 350mila manifestanti avevano sfilato per le strade di Barcellona per chiedere l’unità della Spagna e difendere la Costituzione del 1978.
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