Trattate come animali. Ridotte in schiavitù. È la sorte di oltre 250 donne e 48 ragazze tenute intrappolate in alcuni ashram, luoghi religiosi e di meditazione appartenenti all’organizzazione Adhyatmik Vishwa Vidyalaya.
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Le autorità indiane hanno scoperto nei giorni scorsi in un edificio di Nuova Delhi, 21 donne, di cui alcune minorenni, che vivevano nell’edificio.
Numerosi blitz in tutta l’India nelle proprietà collegate all’organizzazione religiosa, hanno portato alla luce gli episodi di prigionia.
Secondo le autorità di Delhi, si teme che migliaia di donne possano vivere in condizioni simili nelle 300 proprietà collegate al gruppo in tutto il paese.
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Siringhe e medicine sono state trovate sparse negli ashram di Delhi e molti residenti sembravano drogati, secondo Swati Maliwal, la commissaria per i diritti delle donne di Nuova Dehi.
La maggior parte delle donne ha rifiutato l’opportunità di lasciare gli ashram. Coloro che avevano meno di 18 anni sono state portate via ma stanno fornendo poche informazioni alle autorità.
I guru sono guide nella vita di molti indiani, fornendo consulenza su questioni che vanno dai dilemmi morali a scelte meno importanti.
Ma mesi dopo che un esuberante guru, Ram Rahim Singh, fu condannato per lo stupro di due seguaci, scatenando rivolte che uccisero 30 persone, i raid della scorsa settimana hanno gettato luce sull’immenso, spesso incontrollato potere esercitato da alcuni leader spirituali.
Al centro dell’organizzazione c’è un sedicente “uomo-dio”, Virendra Dev Dixit, che in passato fu accusato di violenza sessuale. Attualmente è ricercato dalla polizia.
Il gruppo a lui legato sostiene di essere una propaggine fondamentalista di Brahma Kumaris, un movimento spirituale indiano con circa 800mila membri e filiali in tutto il mondo, inclusi Stati Uniti, Australia e Regno Unito. Brahma Kumaris sconfessò Dixit decenni fa e rifiutò le sue convinzioni.
Prima d’ora nessuna famiglia aveva avuto il coraggio di sporgere denuncia contro l’organizzazione per la sparizione delle proprie figlie.
Il caso è venuto alla luce dalla scomparsa nel mese di novembre 2017 di una donna di 24 anni proveniente da una città vicino a Jaipur, nello stato del Rajasthan e che si era avvicinata al gruppo che fa capo a Dixit.
La famiglia della ragazza, in udienza presso l’Alta Corte di Delhi, ha raccontato che era stato loro permesso di incontrare la figlia solo dopo aver protestato per giorni, e dovendo passare attraverso sette cancellate per incontrarla. La ragazza era affiancata da guardie donne e sembrava essere stata anestetizzata, spiega il quotidiano The Guardian.
La ragazza sostiene di essersi allontanata per sua libera scelta. Da quel caso, che ha fatto scalpore in India, molte altre famiglie hanno denunciato situazioni simili.
Secondo le accuse, Dixit avrebbe aggredito sessualmente donne e bambini e tenendoli confinati in condizioni “peggiori degli animali da fattoria”.
Per anni gli ashram e le organizzazioni religiose di guru e santoni hanno vissuto al di fuori della legge, vivendo indisturbati, spesso in situazioni illegali e ai limiti dello sfruttamento umano.
“Questi babas sono persone molto influenti, hanno un sacco di influenza. A volte hanno mafie e talvolta sono mafie. Nessuno vuole occuparsi di questo problema”, spiega al Guardian Swati Maliwal.
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