Mentre in Svezia continuano i colloqui di pace per mettere fine alla guerra in Yemen, iniziano ad emergere le testimonianze dei civili torturati dai ribelli sciiti houthi.
I racconti evidenziano quanto sia importante giungere ad uno scambio di prigionieri tra i miliziani e il governo sostenuto dalla coalizione araba a guida saudita che dal 2015 bombarda il paese per fermare l’avanzata dei ribelli.
Secondo gli accordi presi tra le parti, circa 5mila detenuti dovrebbero essere presto rilasciati come segno di fiducia tra le fazioni che si contrappongono in Yemen da tre anni.
Dall’inizio della guerra, più di 18mila persone sono state catturate dai miliziani houthi e rinchiuse nelle prigioni dei ribelli, dove sono state torturate. Secondo gli attivisti per i diritti umani, la stessa sorte è toccata ai detenuti nelle carceri della coalizione araba.
Farouk Baakar, un medico dell’ospedale al-Rashid nel nord dello Yemen, è stato arrestato dai miliziani nel 2016, dopo aver curato un uomo che era stato torturato dagli houthi stessi.
L’uomo, intervistato all’Associated Press, ha raccontato di aver passato 18 mesi nelle carceri controllate dai ribelli sciiti, alcuni dei quali nella “Pressure Room”, il seminterrato di un castello ottomano nella città di Hodeidah, sul Mar Rosso.
Una volta lì, il medico è stato spogliato, frustato e i carcerieri gli hanno strappato le unghie e i capelli. Sul suo corpo è stata anche versata della plastica fusa.
Baakar è stato picchiato e appeso al soffitto per polsi per 50 giorni: i suoi rapitori pensavano che fosse morto.
“Lascialo morire” – “È stato molto doloroso, specialmente durante i prossimi giorni”, ha detto il medico, che ha anche raccontato di aver cercato di aiutare altri prigionieri torturati con strumenti rudimentali come cavi elettrici.
Un altro uomo ha raccontato di essere stato appeso per i testicoli e di non essere stato in grado di urinare. Su un terzo, invece, i carcerieri avevano versato dell’acido sulla schiena: il liquido era arrivato fino alle natiche, sigillando l’ano.
Il medico Baakar ha usato uno strumento di fortuna per cercare di creare un’apertura.
“Quando ho chiesto aiuto alle guardie houthi, dicendo che l’uomo stava morendo, la loro unica risposta è stata: ‘Lascialo morire'”, ha raccontato Baakar.
Il medico è stato rilasciato lo scorso dicembre: la sua famiglia aveva pagato 5,5 milioni di rialton (circa 8mila dollari). Riconquistata la libertà, Baakar è fuggito a Marib, una roccaforte anti-houthi nello Yemen centrale, dove vive tuttora, in una tenda.
Baakar è solo una delle 23 persone che Associated Press è riuscita ad intervistare e che hanno raccontato le torture subite nelle carceri dei ribelli houthi.
Le carceri delle forze alleate – Le testimonianze arrivano pochi mesi dopo le accuse mosse da Human Rights Watch e Amnesty International contro gli Emirati Arabi Uniti e le sue forze alleate, accusate anche loro di torturare i detenuti nelle prigioni segrete nel sud dello Yemen.
Secondo quanto rivelato dalle Ong, anche nelle carceri gestite dalla coalizione araba i detenuti sono sottoposti a trattamenti disumani.
Un altro uomo, Anas al-Sarrari, di 26 anni, ha raccontato di essere costretto su una sedia a rotelle dopo essere rimasto paralizzato a seguito delle torture subite in una prigione controllata dagli houthi nella capitale Sanaa.
Il ragazzo è stato appeso per 23 ore al giorno fino a quando le manette non gli hanno tagliato i polsi. Dopo essere stato picchiato con una pistola stordente, non è stato più in grado di usare le sue gambe. Diventato invalido, nessuno lo ha aiutato a raggiungere il bagno: è stato costretto a urinare e defecarsi addosso fino a quando non è stato rilasciato.
“Vedere le persone uscire dalle prigioni con una disabilità che prima non avevano a seguito delle torture terrorizza tutti”, ha spiegato il giovane.
Hussein, un insegnante della città settentrionale di Dhamar detenuto anche lui nelle prigioni yemenite, ha detto ad AP di essere stato tenuto bendato in una cella sotterranea per quattro mesi e 22 giorni.
Durante la sua detenzione, i carcerieri lo hanno picchiato con barre di ferro e gli hanno detto che sarebbe morto lì.
Monir al-Sharqi, un tecnico di laboratorio, è stato torturato talmente tanto che non riesce più a parlare. La sua famiglia lo ha ritrovato abbandonato sul fianco di un fiume, orribilmente sfigurato.
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