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    Negli USA si teme una quarta ondata della pandemia

    Credit: Ansa
    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 2 Apr. 2021 alle 16:17

    Lo scorso 30 marzo lo stato americano di Ney York ha iniziato a somministrare vaccini contro il Covid-19 ai trentenni. Di fronte a una notizia come questa può sembrare singolare che negli stessi Stati Uniti si stia parlando del rischio di una quarta ondata della pandemia.

    Per quanto da un anno a questa parte la pandemia di coronavirus si è evoluta in maniera parzialmente omogenea, ogni Paese ha registrato differenze nei modi e nei tempi con cui le cosiddette ondate pandemiche hanno avuto luogo. In Italia, ad esempio, dopo la diffusione del virus nel Paese avvenuta un anno fa, abbiamo assistito a una seconda ondata in autunno e attualmente stiamo affrontando una terza ondata, mentre si cerca di mettere a regime la campagna di vaccinazioni.

    Negli Stati Uniti, la terza ondata aveva colpito il Paese lo scorso inverno con picchi che hanno superato i 300mila casi al giorno. Se la netta diminuzione dei casi quotidiani e la campagna di vaccinazione che procede in maniera spedita hanno fatto ben sperare, adesso c’è però chi inizia a temere che si verifichi una quarta ondata. E sono dati che dobbiamo seguire con attenzione, perché le stesse dinamiche potrebbero ripetersi anche in Italia, in assenza delle dovute precauzioni.

    Lunedì scorso Rochelle Walensky, da poco direttrice dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie negli Stati Uniti (CDC), si è detta preoccupata per i più recenti dati relativi al coronavirus, pregando gli americani di continuare a seguire le linee guida. Lo stesso giorno, anche il presidente Joe Biden ha invitato i governatori – dai quali dipende gran parte della gestione dell’emergenza – a far rispettare le misure di contenimento e continuare a mantenere attive le restrizioni.

    Nonostante circa il 17 per cento della popolazione statunitense sia stata immunizzata e circa il 30 abbia ricevuto almeno una dose, negli ultimi giorni i casi hanno superato la media settimanale di 63mila al giorno, il 12 per cento in più della settimana precedente, un dato che ha messo in allarme la catena di comando della gestione dell’emergenza sanitaria. Nello specifico, i casi risultano essere in crescita soprattutto negli stati del Midwest e del Nord-Est, in modo particolare nel Michigan, dove il 31 marzo sono stati registrati oltre 7.100 casi, il dato più alto dal 4 dicembre 2020. Parallelamente a questo, alcuni stati hanno rimosso una serie di misure di contenimento a causa del vistoso calo dei casi e di una campagna di vaccinazione ben avviata a livello nazionale, e alcuni tra cui il Texas e l’Arizona hanno addirittura tolto l’obbligo di indossare mascherine.

    Anthony Fauci, il rinomato immunologo a capo del National Institute of Allergy and Infectious Disease, ha dichiarato che l’avvicinamento alla Pasqua e lo spring break, le tradizionali vacanze di primavera che si svolgono negli Stati Uniti, hanno favorito un aumento degli spostamenti e degli incontri interpersonali che potrebbe aver contribuito all’aumento dei casi. Spostamenti che secondo Rochelle Walensky rischierebbero di favorire un aumento di casi simile a quello cui gli USA hanno assistito la scorsa estate e, successivamente, lo scorso inverno. In poche parole, il rischio concreto è quello di una quarta ondata.

    C’è poi la questione varianti. Secondo Fauci, la famigerata variante inglese rappresenta solo uno dei motivi dell’aumento di casi, mentre il ricercatore della Brown University Ashish K. Jah ha notato come l’aumento parallelo del numero di vaccinati e al tempo stesso del numero di casi rappresenta una vera gara contro il tempo tra somministrazione dei vaccini e diffusione delle varianti.

    Tuttavia, c’è anche chi sostiene che un’eventuale quarta ondata sarebbe meno pericolosa delle altre tre già affrontate dagli Stati Uniti. Il dottor Mark Roberts, direttore del laboratorio medico dell’Università di Pittsburgh, ha dichiarato che l’alta percentuale di vaccinati tra gli anziani e le categorie maggiormente a rischio potrebbe portare a un numero nettamente inferiore di vittime anche in caso si dovesse assistere a un aumento importante di casi.

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