Per la prima volta dall’assegnazione della Coppa del mondo della Fifa, un alto dirigente qatariota coinvolto nell’organizzazione dei mondiali ha ammesso che i lavoratori morti nella preparazione del torneo sono stati “tra i 400 e i 500”. Rispondendo alle domande del giornalista britannico Piers Morgan all’interno del programma Piers Morgan Uncensored, trasmesso lunedì 28 novembre e disponibile online, il segretario generale del Comitato supremo per la consegna e l’eredità del Qatar, Hassan al-Thawadi, ha dichiarato che il totale onesto e realistico dei lavoratori migranti che sono morti a causa dei lavori per il mondiale è “di circa 400, tra 400 e 500“. “Non ho il numero esatto”, ha aggiunto.
Una cifra drasticamente più alta di qualsiasi altra precedentemente fornita da Doha, che aveva parlato di sole tre persone morte durante la costruzione delle infrastrutture necessarie ad ospitare il torneo e di 37 incidenti “non lavorativi”, ma legati ad attacchi di cuore. Al-Thawadi ha poi aggiunto di ritenere eccessivo anche un solo morto, e che le condizioni di lavoro nel paese sono state migliorate anno dopo anno. Dopo l’intervista, il comitato organizzatore qatariota ha specificato che le stime citate da Al-Thawadi si riferiscono alle statistiche su base nazionale relative al periodo tra il 2014 e il 2020 di tutti gli incidenti mortali sul lavoro, nello specifico 414.
Periodo che coincide con la scelta dell’emirato di dare il via allo sviluppo urbano di un Paese piccolo e in gran parte desertico e inabitato: per realizzare l’impresa di modernizzazione, di cui la coppa del Mondo è considerato un punto di approdo, il Qatar ha avuto bisogno di chiamare manodopera a basso costo dall’estero, in particolare dall’India, dal Bangladesh, dallo Sri Lanka o dal Nepal, ma i migliaia di migranti arrivati sono stati ridotti a condizioni simili alla schiavitù, a cui si è rivelato impossibile sfuggire, come ha raccontato il fotoreporter italiano Valerio Nicolosi a Tpi dopo aver visitato i cantieri allestiti per costruire gli stadi.