Tutte le torture “russe” di Putin: dalla tecnica dell’elefante ai bagni chimici
Il presidente russo Vladimir Putin è stato denunciato da ogni angolo del mondo per la brutale guerra d’invasione in Ucraina e i trattamenti riservati alla sua popolazione, ma la storia ci insegna che le cose potrebbero prendere una piega ancora più nefasta. Durante l’invasione della Cecenia degli anni novanta, le truppe di Vladimir Putin impiegarono una serie di tecniche di tortura tra cui l’asfissia e i bagni chimici, secondo le testimonianze dei sopravvissuti. Il terribile conflitto ceceno ebbe luogo poco tempo dopo l’insediamento di Putin e contiene molti paralleli allarmanti con la sua ultima invasione in Ucraina – sebbene non siano ancora giunte testimonianze che la Russia abbia applicato metodi di tortura sugli ucraini. Dopo l’invasione della piccola Repubblica cecena, sono emersi vari racconti dell’orrore sulle modalità riservate dall’esercito di Putin ai suoi nemici. In un articolo pubblicato nel 2000, il reporter di guerra John Sweeney raccolse per il quotidiano britannico The Guardian alcune testimonianze di prigionieri di guerra ceceni sopravvissuti ai loro carcerieri russi.
La tecnica dell’elefante
Un metodo in particolare ha continuato a emergere più volte dai racconti dei detenuti, la cosiddetta ‘tecnica dell’elefante.’ Uno di loro ha descritto così la pratica: “Ti infilano una maschera antigas in testa. Le tue mani sono ammanettate dietro la schiena, quindi non c’è niente che tu possa fare. Poi chiudono il tubo di respirazione e tu inizi a soffocare”. Un altro sopravvissuto ha riferito che sotto la minaccia della proboscide dell’elefante, le persone confessavano qualunque cosa. “Una volta indossata la maschera, sapevi che ti avrebbero soffocato e iniziavi ad annaspare. Prima ti lasciavano respirare e tu inspiravi profondamente. Poi spruzzavano del gas lacrimogeno nel foro di respirazione. Era semplicemente così terribile che la sola vista della maschera antigas nella stanza avrebbe fatto confessare qualsiasi cosa alla gente”.
I bagni chimici
Il campo di detenzione di Chernokozovo in Cecenia è tristemente noto per i trattamenti brutali riservati ai prigionieri, tra cui pestaggi, esecuzioni sommarie, stupri, elettroconvulsioni e i tristemente noti ‘bagni chimici.’ La vittima più giovane aveva appena 17 anni quando fu portata nel campo ceceno, dove subì profonde umiliazioni e trattamenti degradanti per mano delle guardie russe. “Mi misero in una cella dove c’era qualcosa di chimico”, spiega. “Ti ammanettavano le mani dietro la schiena e attaccavano le manette a una catena facendoti penzolare dal soffitto, con il peso che ricadeva interamente sulle mani e sulle spalle, poi iniziavano a pestarti: lo chiamavano “la rondine”. A volte ti tenevano così per mezza giornata. Ma questa non fu l’unica tortura per l’adolescente.
“Mi portarono in una cella dove c’era qualcosa di chimico. Mi legarono le mani dietro la schiena e mi dissero, ‘Vai avanti, nuota’. Persi la vista appena non appena entrai là dentro”. In quella cella, però, “c’era anche qualcos’altro, un barile pieno d’acqua coperta da una gabbia da cui non si poteva uscire”, aggiunge, dove i prigionieri venivano messi a “mollo” fino ad annegare se non confessavano. Nonostante le torture di Chenokozovo siano state ampiamente documentate e corroborate da prove e testimonianze, Putin e la Russia hanno sempre negato di aver utilizzato metodi di tortura contro i prigionieri durante il conflitto in Cecenia.