Le purghe di Erdogan non si fermano. Dopo l’arresto e la sospensione di oltre 6000 tra soldati e giudici, adesso tocca ai poliziotti: quasi 8000 sono stati sospesi dal loro incarico, tra Ankara e Istanbul. In tutto nel paese sono 240mila i poliziotti in servizio.
Questa mattina è intervenuta anche Federica Mogherini, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, che ha dichiarato che le autorità turche devono rispettare i diritti fondamentali e costituzionali nella risposta al fallito golpe. “Chiediamo il pieno rispetto dell’ordine costituzionale della Turchia e, come Unione Europea, sottolineiamo l’importanza dello stato di diritto esistente nel paese”, ha detto in una conferenza stampa a Bruxelles, con il segretario di Stato Usa, John Kerry.
“Condividiamo le preoccupazioni su quanto sta accadendo nel paese in queste ore. Chiediamo che la Turchia rispetti la democrazia, i diritti umani e le libertà fondamentali”, ha proseguito dicendo che non ci sono giustificazioni per derogare allo stato di diritto.
Oltre ai poliziotti, sono stati sospesi anche 30 governatori e 50 amministratori locali.
Il Partito repubblicano del popolo (Chp) ha detto che la risposta al tentativo di colpo di stato fallito deve essere effettuata nei limiti dello stato di diritto e che devono essere condotti dei regolari processi contro i sospettati autori del tentato golpe.
Tra i militari che si trovano attualmente in custodia vi è anche Col Ali Yazici, vicino al presidente Erdogan.
Il bilancio delle vittime degli scontri tra il 15 e il 16 luglio ha raggiunto quota 290 e i feriti sono 1400.
“Continueremo a espellere il virus da tutte le istituzioni statali, perché questo virus si è diffuso come un cancro, che ha avvolto lo stato”, ha dichiarato Recep Tayyip Erdogan durante il funerale a Istanbul di alcune vittime del colpo di stato.
Il presidente Erdogan continua ad accusare l’imam Fethullah Gulen di essere l’ispiratore del golpe, nonostante le ripetute prese di distanza di quest’ultimo, e ha chiesto agli Stati Uniti la sua estradizione. John Kerry ha però risposto che la Turchia deve fornire prove e non accuse.
Nei giorni scorsi si era paventata l’ipotesi di una reintroduzione della pena di morte, abolita nel 2004, dal momento che era uno dei prerequisiti per la presentazione della domanda di adesione all’Unione europea.
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