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    I sei punti chiave dei negoziati sulla Brexit

    Si sono aperte quelle che si preannunciano come le negoziazioni più complesse della storia europea. Ma chi sono i protagonisti? E quali saranno i punti principali?

    Di TPI
    Pubblicato il 29 Mar. 2017 alle 13:24 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:35

    Il procedimento dei negoziati della Brexit è ufficialmente iniziato mercoledì 29 marzo 2017 con la notifica dell’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona al presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk. 

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    Si sono così aperte quelle che si preannunciano come le negoziazioni più complesse della storia europea. Ma chi sono i protagonisti? E quali saranno i punti principali da stabilire?

    Il governo britannico ha creato due nuovi dipartimenti per guidare il processo della Brexit.

    Il Dipartimento per l’uscita dall’Unione europea, abbreviato in DexEU, avrà il compito di amministrare e coordinare le informazioni e la consulenza tecnica di tutti i ministeri interessati nel corso dei negoziati. Il Dipartimento per il Commercio internazionale si attiverà invece nei futuri negoziati commerciali tra l’Ue e il Regno Unito.

    La squadra britannica dei negoziatori della Brexit sarà guidata da David Davis, segretario di Stato per la Brexit, supportato dal dipartimento DexEU e dal suo segretario permanente Oliver Robbins. Davis riferirà direttamente al primo ministro, che rimarrà strettamente coinvolto nel procedimento. Anche la rappresentanza permanente del Regno Unito a Bruxelles, guidata da Tim Barrow, sarà coinvolta.

    Sul fronte europeo i negoziati saranno guidati da Michel Barnier, politico francese con una lunga esperienza politica e diplomatica. Barnier riferirà direttamente a Donald Tusk e sarà supportato da una squadra appositamente formata per condurre le negoziazioni sull’articolo 50. Durante il procedimento di Brexit, Barnier dovrà consultare sia il Consiglio europeo sia il Parlamento Ue.

    Per quanto riguarda i temi, i funzionari del governo hanno detto di aver identificato 700 diverse questioni amministrative che devono essere chiarite prima che il Regno Unito possa davvero lasciare l’Unione europea.

    Riassumendo i vari temi da affrontare, il quotidiano britannico The Guardian ha individuato i punti principali che saranno politicamente rilevanti nella gestione dei negoziati.

    Tempistica

    I negoziatori europei insistono nel voler affrontare prima i termini dell’uscita del paese dall’Unione europea e solo dopo la natura dello status futuro del Regno Unito.

    Per il governo britannico questo viola lo spirito dell’articolo 50: la norma prevede che l’Unione concluda un accordo con lo stato uscente “tenendo conto del quadro per le future relazioni con l’Unione”. I britannici vorrebbero quindi portare avanti un negoziato sul commercio parallelamente a quello di uscita dall’Unione.

    Bruxelles ribatte che questo è impossibile in termini pratici, se non altro perché i colloqui commerciali richiederanno un tempo molto più lungo e un processo di ratifica molto più ampio rispetto ai due anni previsti per la Brexit.

    Liquidazione all’Ue

    La cifra che Londra dovrà pagare per l’uscita dall’Ue finora è stata solo oggetto di congetture. In un colloquio non ufficiale, Bruxelles ha avanzato la richiesta di 60 miliardi di euro per risolvere tutti gli oneri finanziari in corso del Regno Unito.

    La cifra è stata poi confermata a grandi linee dal presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, ma il governo May non sembra intenzionato a pagare questa cifra. Il negoziatore britannico David Davis ha riconosciuto che la Gran Bretagna dovrà pagare qualcosa: la domanda è quanto.

    Cittadinanza

    Per il momento il Regno Unito non vuole offrire alcuna garanzia sui diritti di residenza ai cittadini dell’Unione che vivono nel Regno Unito prima di ricevere rassicurazioni simili riguardo ai diritti dei cittadini britannici che vivono nell’Ue.

    Questa decisione ha scatenato l’ira dell’Europa, dove si è parlato di una mossa per “tenere gli stranieri in ostaggio”.

    Tuttavia molti funzionari considerano la questione una delle più semplici da risolvere e anche i più forti sostenitori della Brexit chiedono una sorta di clausola di salvaguardia per i cittadini Ue che vivono e lavorano nel paese. Inoltre, come riporta il quotidiano The Guardian, ci sono molti più cittadini Ue nel Regno Unito che inglesi nel resto dei paesi membri, per cui ci sarà una forte pressione politica su Londra.

    Commercio

    Il commercio è uno dei punti più controversi per i negoziatori. Molti dei paesi membri dell’Ue ritengono che per il bene della futura coesione dell’Unione non debba esserci alcun accesso privilegiato al mercato unico se il principio della libertà di circolazione delle persone viene abolito.

    Le richieste di Downing Street su previsioni speciali per alcuni tipi di industrie, come i servizi finanziari e la produzione di automobili, è un’ipotesi da scartare anche perché sarebbe in palese violazione delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio in materia di accordi di libero scambio globali.

    Transizione 

    Da marzo 2019 fino all’entrata in vigore di un accordo di libero scambio si svolgerà probabilmente una fase di transizione che potrebbe essere regolata dalla Corte di giustizia Ue. I paesi membri sono convinti che se la transizione continuerà a offrire i vantaggi di accesso al mercato unico, questa deve rimanere sotto il controllo dell’autorità giudiziaria dell’Ue. Molto dipende da quando sarà raggiunto un accordo sul commercio.

    Ratifica

    Tutti gli accordi raggiunti tra i negoziatori Barnier e Davis saranno soggetti a ratifica da parte dei parlamenti europei e del parlamento britannico. May ha dichiarato che i parlamentari britannici avranno una scelta limitata: prendere o lasciare.

    Sull’altro fronte, il Parlamento europeo sta ricoprendo un ruolo maggiore, insistendo sul fatto che Barnier prenda una linea dura nelle trattative. Le disposizioni dell’articolo 50 prevedono che l’accordo deve essere concluso per conto dell’Unione dal Consiglio europeo, che agisce a maggioranza qualificata, dopo avere ottenuto il consenso del Parlamento europeo.

    Sul commercio il diritto dell’Unione prevede una consultazione molto più ampia di qualsiasi accordo. Questa coinvolgerà sia istituzioni nazionali sia europee e la necessità di assicurare il sostegno di ogni parlamento nazionale può essere un pesante ostacolo al rapido raggiungimento di un accordo.

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