Un altro giorno di proteste in Myanmar | VIDEO
In Myanmar si protesta per il nono giorno consecutivo: anche oggi, domenica 7 febbraio, decine di migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro il golpe militare avvenuto il primo febbraio e chiedere il rilascio della leader Aung San Suu Kyi. Secondo i media internazionali le manifestazioni di oggi sono le più grandi da oltre 10 anni, da quando cioè migliaia di cittadini protestarono contro il governo ispirati dai monaci buddisti e furono repressi dalle autorità militari, nel 2007.
“Non vogliamo la dittatura militare, vogliamo la democrazia”, è stato lo slogan scandito dai manifestanti a Yangon, dove le persone sono scese in strada vestite di rosso, il colore che rappresenta il partito di San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Nld), e mostrando il simbolo della rivolta: le tre dita ispirate alla saga cinematografica Hunger Games. Le proteste hanno interessato anche altre città, come Mandalay, nel centro del Paese, o Payathonzu, nel sud-est del Myanmar, dove centinaia di persone hanno trascorso la notte davanti a una stazione della polizia, in cui si ritiene sia stato arrestato un deputato della Nld.
Proteste in Myanmar, il blocco di internet
L’unica misura presa al momento dal governo militare sembra essere stata il blocco di internet: secondo la società NetBlocks, a partire da sabato la connettività nel paese si è ridotta dell’84 per cento, ma oggi sarebbe stata parzialmente ripristinata. Così alcuni manifestanti hanno avuto la possibilità di diffondere i video delle proteste sui social.
“L’esercito ha bloccato ogni accesso a internet e non sappiamo se i manifestanti stanno ancora protestando. Per favore aiutateci a fermare la dittatura militare. Non lasciate che il mondo dimentichi le 54 milioni di persone che abitano nel Paese”, si legge nella didascalia di uno dei filmati condivisi dalla pagina Instagram “Instamyanmar” prima che la connessione fosse ristabilita.
Fino alla settimana scorsa il profilo pubblicava immagini e post dedicati alla cultura e alle usanze del Myanmar, ma dall’arresto di San Suu Kyi la pagina h a usato la sua visibilità per lanciare appelli alla comunità internazionale e informare il pubblico sull’emergenza in corso nel Paese.
Cosa è successo in Myanmar
Il colpo di Stato che ha destituito il Consigliere di Stato della Birmania dal 2016, Aung San Suu Kyi, è avvenuto a Burma poche ore prima della riunione inaugurale del nuovo Parlamento, recentemente insediato, e poco dopo l’annuncio, da parte dei militari, della dichiarazione di stato di emergenza per un anno e del conferimento della presidenza ad interim a uno dei due vicepresidenti in carica Myint Swe, arrestato poi insieme a San Suu Kyi il primo febbraio.
Da settimane erano emerse crescenti tensioni tra l’esercito, che ha governato il Paese per quasi mezzo secolo, e il governo civile sulle elezioni del novembre dello scorso anno, in cui la Nld ha vinto nettamente. Ma il portavoce dell’esercito, il maggiore generale Zaw Min Tun, aveva dichiarato che le elezioni, con il pretesto della pandemia di Coronavirus, “non erano state né libere né eque”.
Il premio Nobel per la pace è uscita dal carcere due giorni fa, e si trova adesso agli arresti domiciliari con l’accusa di “importazione illegale” per aver acquistato walkie talkie all’estero per fornirli alle proprie guardie del corpo. Un’accusa che, in caso di condanna, potrebbe costarle fino a due anni di carcere.
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