Migliaia di donne vestite di nero hanno scioperato in tutta la Polonia lunedì 3 ottobre 2016, facendo chiudere ristoranti, uffici governativi e facoltà universitarie, nonché bloccando l’accesso alla sede del partito di governo a Varsavia, per protestare contro la proposta di legge per vietare l’aborto.
La normativa proposta da un gruppo indipendente impedirebbe qualsiasi interruzione di gravidanza, in un paese in cui l’aborto è già sottoposto a norme molto restrittive ed è consentito solo in caso di stupro, incesto o minaccia alla salute della madre, oppure quando il bambino potrebbe nascere con disabilità permanenti.
Non è chiaro se il governo del partito conservatore Legge e giustizia intenda appoggiare la proposta di legge, avanzata dal gruppo Ordo Iuris, ma la possibilità di nuove restrizioni ha innescato dibattiti intensi nel paese cattolico.
Vestite di nero, le donne hanno intonato cori come “Vogliamo medici, non missionari”. “Non sono andata a lavorare oggi”, ha detto Gabriela, una ricercatrice di 41 anni di Varsavia.
“Stanno violando i nostri diritti civili, e voglio dare il mio sostegno a tutte quelle donne che potrebbero esserne danneggiate, che potrebbero vedersi negata l’assistenza medica e forzate a mettere al mondo un figlio disabile, e lo sto facendo per mia figlia”.
I critici sostengono che la proposta di legge potrebbe scoraggiare i medici dal condurre test prenatali, specialmente quelli che mettono a rischio la gestazione, e nel caso di gravidanze extrauterine.
La proposta consente l’aborto solo nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo.
Le donne e i medici che invece decidono di perseguire l’aborto sarebbero a rischio detenzione per aver causato la “morte di un bambino concepito”.
Secondo gli attivisti, molti medici si rifiutano, com’è loro legalmente concesso, di praticare l’aborto per via delle loro convinzioni morali e religiose.
Questo costringe decine di migliaia di donne a sottoporsi a procedure illegali o a recarsi oltreconfine in Germania o Slovacchia.
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