Oltre 200mila manifestanti sono scesi in piazza nella serata di mercoledì 1 febbraio 2017 a Bucarest e in altre città della Romania per protestare contro il governo e la corruzione dilagante.
Le dimostrazioni e la rabbia popolare hanno convinto alcuni membri dell’esecutivo a fare un passo indietro: mercoledì è stata la volta di un sottosegretario, mentre giovedì 2 febbraio ha annunciato le proprie dimissioni anche il ministro del Commercio Florin Jianu, “per ragioni morali e per il bene dei miei figli”.
I rumeni accusano l’amministrazione socialdemocratica guidata da Sorin Grindeanu di aver approvato misure che vanificano la lotta alla corruzione e hanno inscenato le più grandi manifestazioni di piazza da quasi trent’anni, da quando cioè le proteste popolari portarono alla caduta di Nicolae Ceausescu nel 1989.
Il governo ha depenalizzato l’abuso d’ufficio e altri reati legati alla corruzione, purché il danno non superi una certa quota. Inoltre, Grindeanu ha annunciato un’amnistia volta a ridurre il sovraffollamento delle carceri.
Ma la popolazione non ha gradito e si sono verificati scontri tra dimostranti e polizia: il bilancio è di cinque feriti e circa 60 arresti.
Mercoledì 1 febbraio anche la Commissione europea aveva criticato, per bocca del vicepresidente Frans Timmermans, l’amministrazione romena invitandola a non fare passi indietro nella lotta alla corruzione e minacciando di sospendere il processo di accesso del paese all’area Schengen.
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