Tutto quello che c’è da sapere sulle proteste in Cile: riassunto in 6 punti
Il 18 ottobre in Cile sono iniziate violente proteste popolari contro il governo del presidente Sebastian Piñera dopo la decisione di aumentare il costo del biglietto della metropolitana. Le rivendicazioni si sono però estese con il passare dei giorni e adesso i manifestanti chiedono nuove misure sociali, vogliono che si metta fine alla forte disuguaglianza che opprime il Paese e protestano per una maggiore qualità dei servizi pubblici.
Come e quando sono nate le proteste
Le prime agitazioni in Cile sono iniziate il 7 ottobre a seguito della decisione di aumentare il prezzo del biglietto della metropolitana di alcuni pesos. L’aumento previsto era di 30 pesos, il biglietto sarebbe passato da 800 a 830 pesos cileni ( da 0,98 A 1,02 euro). Dopo aver appreso la notizia studenti e semplici cittadini hanno scavalcato i tornelli all’ingresso della metro di Santiago del Cile e sono entrati senza pagare il ticket per il viaggio.
Moltissimi studenti liceali hanno inoltre rivendicato il loro gesto denunciando le pessime condizioni in cui vertono le strutture scolastiche del Paese. Il governo ha risposto rafforzando la presenza della polizia nelle stazioni della metropolitana di Santiago e ha ordinato la repressione dei manifestanti.
La forte reazione governativa non ha fatto altro che inasprire il malcontento e con il passare dei giorni la protesta si è estesa anche ad altre città, coinvolgendo organizzazioni politiche, movimenti e sindacati.
Le prime violente proteste sono invece iniziate venerdì 18 ottobre, quando sono state incendiate cinque stazioni della metropolitana con danni fino a 700mila dollari e sono proseguite nei giorni successivi con forti repressioni da parte del governo che hanno portato alla morte di 18 manifestanti. Il 23 ottobre a Santiago i manifestanti hanno violato il coprifuoco e sono scesi in piazza annunciando una nuova mobilitazione di due giorni.
Il bilancio delle vittime
Il bilancio delle vittime aggiornato al 24 ottobre è di 18 morti e di oltre 2600 feriti, ma sembra destinato a crescere nei prossimi giorni. Cinque persone sono morte nell’incendio di una fabbrica tessile, quattro in un incendio in un supermercato e un magazzino e altre ancora sono state uccise dalla polizia.
Chi protesta e perché
Le proteste sono esplose per un piccolo rincaro del biglietto della metro: studenti e giovani liceali hanno iniziato a prendere la metropolitana senza pagare il biglietto, ma nel giro di appena una settimana la protesta si è estesa enormemente ed è diventata l’espressione di un malcontento diffuso rispetto alle politiche del governo di Piñera eletto nel 2017 con appena il 26,4 per cento delle preferenze degli iscritti al registro elettorale.
Il governo attuale è accusato dai manifestanti di aver trascurato le fasce più basse della popolazione e di aver acuito le disuguaglianze sociali, sacrificando il welfare e il diritto del lavoro.
Il piccolo aumento del biglietto infatti è comunque significativo considerando il dato del 2007. Quando il sistema di trasporto privato della società Transantiago è stato inaugurato il prezzo del ticket era di circa 420 pesos (o,59 cent) mentre oggi è passato a oltre un euro.
Una spesa che ha un impatto forte sulla maggioranza delle famiglie e dei cittadini cileni, che in media guadagnano tra i 400 e i 500 euro. Anche il sistema sanitario ha progressivamente aumentato i costi diventando un privilegio solo per pochi.
Progressivamente le proteste si sono estese a tutto il popolo cileno che adesso invoca una rivoluzione completa del sistema. Il 23 ottobre decine di migliaia di persone hanno sfidato il coprifuoco imposto dal governo e hanno invaso le piazze di Santiago, annunciando una nuova mobilitazione sociale di due giorni.
Alla protesta hanno aderito anche i mapuche e altri popoli indigeni danneggiati dall’estrattivismo selvaggio sui loro territori ad opera delle grandi multinazionali. I manifestanti hanno espressamente chiesto il ritiro delle forze militari dalle strade, la fine dello stato di emergenza e del coprifuoco per potersi sedere ad un tavolo di dialogo con il presidente del governo Piñera.
La repressione delle proteste in Cile da parte del governo
Il governo dal canto suo ha reagito alle iniziali proteste dei giovanissimi che non volevano pagare il biglietto con un rafforzamento della sicurezza all’interno della metro, che ha però avuto solo la conseguenza di aumentare le tensioni. Dopo l’inizio delle prime violente proteste, alla mezzanotte del 18 ottobre il presidente Piñera ha dichiarato lo stato di emergenza nelle città di Santiago e Chacabuco.
L’intero tratto della metro è stato chiuso creando il caos nella Capitale e i militari hanno ottenuto il pieno potere di svolgere anche funzioni di polizia. Dalle 10 di sabato 19 ottobre è stato inoltre imposto il coprifuoco in molte grandi città del Cile (tra cui anche Concepción e Valparaíso) e l’esercito è direttamente intervenuto per le strade a sedare le proteste.
A capo della violenta repressione c’è il generale Javier Iturriaga, responsabile delle operazioni che hanno condotto in strada centinaia di soldati.
Cile proteste: la reazione del presidente del Cile Piñera
Il presidente Piñera ha inizialmente reagito cercando di minimizzare la protesta e ha proposto ai ragazzi di alzarsi prima la mattina in modo da approfittare della tariffa del biglietto più bassa.
Ha accusato i manifestanti di essere “delinquenti” e domenica scorsa ha affermato che la repressione contro i cittadini in protesta è in realtà “una guerra contro un nemico potente, che è disposto a usare la violenza senza alcun limite”, affermazione che è stata smentita anche dallo stesso generale Iturriaga a capo dell’operazione.
Sabato 19 ottobre è arrivato il primo passo indietro: Pinera ha deciso la sospensione dell’aumento delle tariffe. Il 23 ottobre invece il presidente ha annunciato un nuovo piano di riforme per aiutare le fasce più basse della popolazione e ha chiesto perdono per non aver compreso la drammaticità della situazione.
Il nuovo pacchetto di misure sociali dovrebbe comprendere un aumento del 20 per cento delle pensioni di base che però non mette in discussione la gestione privatistica del sistema pensionistico, una riduzione del costo dei farmaci, un salario minimo garantito di 35mila pesos mensili (482 dollari), la cancellazione dell’aumento delle tariffe elettriche, e un’imposta sui redditi superiori agli 8 milioni di pesos al mese (11mila dollari).
Non è stato però revocato lo stato di emergenza e anche il coprifuoco risulta sempre in vigore. Nessuna parola è stata spesa da parte del presidente per i 18 morti dall’inizio delle proteste.
La soluzione indicata dal nipote di Allende
In un’intervista del 24 ottobre al Manifesto con la giornalista Caludia Fanti, Sepúlveda Allende, nipote di Salvador Allende, propone una soluzione definitiva al conflitto tra il governo e la popolazione cilena: una nuova Assemblea costituente che metta fine alla Costituizione di Pinochet ancora in vigore, disegnata su “un modello oligarchico di governo”. “Le nuove misure annunciate da Piñera servono solo a guadagnare tempo ma il problema di fondo è l’ingiustizia sociale del modello neoliberista, eredità della dittatura”, aggiunge.
Non a caso, prosegue Allende “in base alle cifre ufficiali della Commissione economica per l’America latina e i Caraibi (Cepal) relative al 2017, il 50% delle famiglie ha accesso al 2,1% della ricchezza del paese, a fronte di un 10% che possiede il 66% del totale e dell’1% più ricco che concentra il 26,5% delle risorse”. “A questa situazione” è possibile rispondere “solo con un cambiamento profondo”, ribadisce.
Leggi l'articolo originale su TPI.it