A Bujumbura, capitale del Burundi, continuano le proteste scoppiate domenica 26 aprile contro il presidente Pierre Nkurunziza, che ha ripreso il controllo del Paese dopo il fallito tentativo di colpo di stato del generale maggiore Godefroid Niyombareh.
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La Croce Rossa del Burundi ha riferito che giovedì 21 maggio due manifestanti hanno perso la vita in seguito a ferite d’arma da fuoco riportate negli scontri con le forze dell’ordine. Questo porterebbe il bilancio totale delle vittime dall’inizio delle proteste a venti, ha affermato Alexis Manirakiza, portavoce della Croce Rossa burundese.
I dimostranti, che hanno cominciato a coprirsi il volto per nascondere la loro identità, durante gli scontri hanno lanciato pietre contro le forze dell’ordine, e hanno dato fuoco a barricate improvvisate nelle strade.
Le proteste sono scoppiate in seguito all’annuncio di Nkurunziza di ricandidarsi come capo di stato per la terza volta, nonostante la costituzione del Paese, promulgata nel 2005, stabilisca un massimo di due mandati presidenziali.
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Il capo di stato Nkurunziza mercoledì 20 maggio è apparso sulla tv nazionale, dopo una partita a calcio con gli amici. Nel suo discorso, il presidente ha fatto appello all’unità nazionale, ricordando il recente passato di sangue del Burundi, dove nel 2005 si è conclusa una guerra civile durata 12 anni.
“Nessun burundese vuole rivivere le tensioni delle divisioni etniche, o di qualsiasi altra natura, il sangue che è stato versato in passato ci ha insegnato la lezione”, ha detto il presidente .
I dimostranti, tuttavia, non hanno accolto positivamente le sue parole: “Chi vìola la costituzione è contro i burundesi”, ha riferito un manifestante a Reuters. “Tutto quello che vogliamo è che il presidente rinunci al terzo mandato”.
Nel quartiere di Musaga, nella capitale Bujumbura, durante la notte tra mercoledì 20 e giovedì 21, gli scontri tra la polizia e alcuni gruppi violenti composti principalmente da giovani sono andati avanti per ore, e i residenti hanno riferito di aver sentito diversi spari.
Esponenti governativi del Sudafrica, Paese che ha avuto un ruolo chiave nelle trattative che hanno portato alla fine del conflitto civile nel 2005, hanno consigliato di ritardare a tempo indefinito le elezioni presidenziali previste per il 26 giugno.
Per adesso, l’unica concessione di Nkurunzinza è stata di posporre al 5 giugno le elezioni parlamentari e locali previste per il 26 maggio. Il presidente non sembra invece avere intenzione di ritirare la sua candidatura come capo di stato, che lui e i suoi sostenitori non considerano incostituzionale.
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Nel frattempo, migliaia di persone continuano ad abbandonare il Burundi, dirigendosi perlopiù nei confinanti Ruanda, Repubblica del Congo e Tanzania.
Secondo l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), circa 70mila degli oltre 110mila sfollati burundesi si sarebbero diretti in Tanzania, dove – in un campo allestito per accogliere i rifugiati – è scoppiata un’epidemia di colera. In seguito alla morte di 33 persone è stata dichiarata l’emergenza nazionale.
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