Migliaia di medici hanno protestato venerdì 12 febbraio davanti alla sede dell’Ordine dei medici del Cairo, in Egitto, per chiedere giustizia nei confronti di due loro colleghi picchiati dalla polizia.
Nove agenti sono stati sospettati di aver minacciato e picchiato due medici di un ospedale pubblico del quartiere settentrionale di Matariya, al Cairo, lo scorso 28 gennaio, dopo che questi si erano rifiutati di contraffare un referto medico.
I poliziotti sono stati convocati dal pubblico ministero egiziano per essere interrogati, ma sono stati immediatamente rilasciati.
Secondo le testimonianze raccolte dai media locali, i due medici avevano preso in carico il caso di un agente della polizia ferito sulla fronte. Le condizioni di salute del paziente non erano allarmanti, e sulla cartella clinica uno degli specialisti aveva annotato che il taglio riportato non necessitava di alcun punto di sutura.
Da lì è nata una discussione degenerata poi in aggressione fisica da parte del poliziotto nei confronti del medico. L’agente ha estratto una pistola e ha minacciato il personale ospedaliero. Dopo di che ha chiamato rinforzi dalla vicina stazione di polizia. Secondo alcuni testimoni oculari, gli agenti di polizia hanno trascinato i due medici fuori dall’ospedale e li hanno sottoposti a interrogatorio.
Uno dei dottori è stato scaraventato sul pavimento, mentre uno degli agenti ha premuto con forza il suo stivale sulla testa di uno di loro.
Le due vittime dell’aggressione avevano inizialmente presentato una denuncia giudiziaria contro gli agenti di polizia. Pochi giorni dopo la denuncia è stata ritirata, per timore di ritorsioni.
Mercoledì 10 febbraio, il procuratore generale egiziano ha disposto che tutti gli agenti coinvolti fossero sottoposti a interrogatorio, mentre due di loro sono stati arrestati. Ma giovedì ha revocato ogni accusa nei loro confronti.
(Qui sotto un video della protesta dei medici al Cairo)
Dopo l’episodio del 28 gennaio, il sindacato dei medici ha annunciato per le due settimane successive uno sciopero, minacciando di chiudere tutti gli ospedali nel caso in cui simili episodi si fossero ripetuti in futuro, e di offrire cure gratuite ai pazienti se i responsabili non fossero stati processati.
La protestata ha richiamato in piazza almeno 4mila camici bianchi che hanno chiesto all’unisono le dimissioni del ministro della Salute, Ahmed Emad El-Din, per non essere stato in grado di difendere i diritti dei professionisti.
“Le nostre richieste sono molto semplici. Vogliamo maggiori garanzie di sicurezza nello svolgimento della loro professione e soprattutto, che i responsabili del pestaggio siano processati”, ha spiegato il leader del sindacato di categoria, Hussein Khairy.
“Al ministero degli Interni ci sono dei criminali”, hanno scandito alcuni manifestanti, a mezzo chilometro di distanza da quattro blindati della polizia, mentre altri urlavano “Andatevene, Andatevene” riferito ai funzionari del governo egiziano.
Non si sono verificati scontri tra manifestanti e forze di polizia.
“Sono venuto qui per inviare un messaggio, ovvero che la dignità dei medici e di tutto il popolo egiziano non può essere violata”, ha dichiarato Ahmad Sweif, cardiologo 35enne, in piazza con la moglie.
La mobilitazione dei medici egiziani ha trovato ampio sostegno sia da parte di altri sindacati, di personaggi pubblici e medici da tutto l’Egitto. Anche sui social media, gli utenti hanno manifestato la loro solidarietà su Twitter attraverso l’hashtag #supportdoctorsyndicate.
Non si è fatta attendere la replica del procuratore egiziano, Nabil Sadek, che ha ordinato ai medici di riaprire l’ospedale e di porre fine al loro sciopero.
In una dichiarazione diffusa venerdì, il presidente del sindacato dei medici egiziano, Hussein Khairy, ha invece definito “storica” l’affluenza di persone a sostegno dei diritti dei medici ad operare in piena sicurezza.