I giovani attivisti per la democrazia eletti nel parlamento di Hong Kong mercoledì 12 ottobre hanno sfidato apertamente la Cina nel giorno dell’insediamento nel Consiglio legislativo della città.
Nathan Law, il giovane studente a capo della cosiddetta “rivoluzione degli ombrelli”, che nel 2014 guidò le manifestazioni di strada e gli scioperi per protestare contro l’ingerenza di Pechino, ha tenuto un discorso in cui ha citato il Mahatma Gandhi e ha pubblicamente rifiutato l’autorità della Cina.
La città, una ex colonia britannica, è ritornata sotto il controllo cinese nel 1997 in un regime di amministrazione speciale.
Law e altri tre deputati eletti nelle liste del partito Demosisto si sono rifiutati di giurare, definendo la cerimonia uno strumento utilizzato da Pechino per ribadire il controllo esercitato sui cittadini di Hong Kong, e hanno esposto sui banchi del parlamento uno striscione con la scritta “Hong Kong is not China” (Hong Kong non è Cina).
La cerimonia di giuramento era la prima riunione ufficiale del Consiglio legislativo cittadino dopo le elezioni in cui, nonostante la schiacciante vittoria del partito alleato di Pechino, sono entrati quattro esponenti del movimento degli ombrelli.
Prima di assumere le loro funzioni, i deputati devono recitare un breve giuramento. Nel testo è ripetuta in più occasioni la frase “Hong Kong è una provincia cinese a statuto speciale”, che è stata sostituita dai quattro deputati del movimento con “la nazione di Hong Kong”. In altre occasioni, i quattro si sono rivolti alla Cina con la parola “Shina”, un termine dispregiativo utilizzato nel passato dai giapponesi.
Anche altri deputati dell’opposizione rieletti al Consiglio legislativo hanno partecipato alla protesta, sebbene non nelle forme estreme utilizzate dai giovani di Demostito, per esempio leggendo il giuramento sotto un ombrello, il simbolo delle proteste del 2014.
Per il momento i leader cinesi hanno negato qualsiasi concessione nell’amministrazione della città, ma i risultati delle ultime elezioni legislative hanno messo in luce le difficoltà dell’approccio “un partito, due sistemi” finora utilizzato dal Partito comunista per influenzare la politica dell’ex-colonia britannica.
(Un’immagine della protesta messa in atto dall’opposizione. Credit: Reuters)