Le temperature nell’Artide sono 20°C più elevate rispetto alla media annuale, con gravi conseguenze per lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello delle acque. La comunità scientifica mondiale lancia da anni messaggi per fermare questa situazione, ma l’interesse dei governi ad agire è limitato, per questioni economiche e di interesse politico.
Tra le proposte di intervento, l’ultima in ordine temporale sembra davvero “fantascientica”. Il fisico Steven Desch e i suoi colleghi dell’Arizona State University vogliono cercare di ricongelare l’Artide, la regione che circonda il polo nord. In una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Earh’s Future, i ricercatori mostrano che dieci milioni di pompe alimentate con la forza del vento potrebbero “sparare” fino a un metro di ghiaccio in più sullo strato già presente.
“Al momento la strategia principale che utilizziamo è invitare le persone a non usare combustibili fossili, ma questo non basta”, spiega Desch, giustificando la propria proposta. “Avere strati di ghiaccio più spessi significa rallentarne lo scioglimento”.
L’iniziativa ha un approccio teorico sensato, ma il problema sembra risiedere nei numeri richiesti da questa operazione. I costi si aggirebbero sui 400 miliardi di euro, un quinto del Prodotto interno lordo dell’Italia. Per costruire i milioni di pompe necessarie, servirebbero 100 milioni di tonnellate di acciaio.
Secondo i dati, l’enorme sforzo economico porterebbe i risultati sperati. Se implementato entro il 2030, il livello dei ghiacci artici rimarrebbe quello odierno. Basso rispetto al passato, ma migliore rispetto a quello catastrofico previsto per quella data.
Non è la prima volta che gli scienziati propongono interventi di questo tipo per combattere la scomparsa del ghiaccio al polo nord. Per esempio, si era proposto di cospargere l’Artide con particelle riflettenti e nuvole artificiali, in grado di far rimbalzare il calore del sole.