Negli ultimi cinque anni, la Giordania è diventata uno dei più grandi paesi di destinazione dei profughi in fuga dalla vicina Siria. Nel paese si è registrata la presenza ufficiale di 700.000 siriani, in un paese che ha una popolazione di appena 6.5 milioni di abitanti. Secondo le autorità però il numero reale è di gran lunga superiore, attestandosi su circa un milione. Ma la Giordania ha posto un limite alla sua ospitalità.
Migliaia di profughi siriani sono intrappolati in una terra di nessuno tra la Siria e la Giordania conosciuta come “il muro di sabbia”, “the berm“. Le stime attuali indicano che più di 75.000 persone siano bloccate in questo territorio di frontiera, ma le autorità giordane hanno rifiutato di consentire l’accesso ai giornalisti, limitandolo alle organizzazioni umanitarie.
Un rapporto di Amnesty International dimostra quanto sia disastrosa la situazione in quest’area. Utilizzando le immagini riprese dai satelliti e intervistando una serie di persone, Amnesty è stata in grado di rivelare non solo la drammatica crescita delle dimensioni del campo, ma anche le malattie e la mortalità diffuse.
Le immagini satellitari sembrano mostrare una crescita drammatica di accampamenti a Rukban, uno dei due varchi di frontiera tra la Siria e la Giordania. Se un anno fa si contavano 363 tende o altri rifugi di fortuna, adesso, secondo le prove fotografiche di Amnesty, se ne contano almeno 8.295.
Secondo il rapporto di Amnesty la popolazione, sempre più esclusa dall’accesso a cibo cure mediche, è esposta a gravi problemi di salute, aggravate dalle precarie condizioni igienico-sanitarie.
A Rukban, un focolaio di epatite ha ucciso almeno 10 profughi nel mese di giugno. Secondo gli operatori umanitari, ci sono state nove morti per parto durante l’estate. Le riprese video satellitari mostrano inoltre tombe e tumuli di fortuna.
“La situazione del campo mostra una fotografia cupa delle conseguenze del fallimento abietto della condivisione delle responsabilità circa la crisi globale dei rifugiati. L’effetto di questo fallimento ha visto molti paesi confinanti con la Siria chiudere le loro frontiere ai profughi”, ha detto Hassan Tirana, direttore dell’unità per la risposta alle crisi di Amnesty.
Fino a poco tempo fa alle agenzie umanitarie come il Comitato internazionale della Croce Rossa in Giordania e l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite era stato permesso con facilità l’accesso al sito per distribuire cibo e fornire servizi medici di base.
La situazione è cambiata quando un attentato suicida compiuto dal sedicente Stato Islamico ha ucciso sette guardie di frontiera giordane vicino Rukban lo scorso 21 giugno. La Giordania da tempo sostiene che tra i profughi siriani siano infiltrati estremisti. Dopo l’episodio ha chiuso la frontiera. E così anche i gruppi umanitari hanno perso l’accesso diretto al campo.
Il governo giordano si è espresso pubblicamente sulla situazione un certo numero di volte nel corso dello scorso anno, ma ha giustificato lo stretto controllo alla frontiera con i problemi di sicurezza rappresentati dalla presenza dello Stato islamico. Ci sono tensioni inoltre tra i cittadini giordani e i profughi siriani già entrati nel paese. In molti lamentano il fatto che il governo destini troppi fondi agli aiuti ai migranti.
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Due foto satellitari a confronto mostrano Rukban a distanza di 10 mesi: