Il principe saudita Al-Walid bin Talal, membro schietto e provocatorio della famiglia reale, si è espresso esplicitamente a favore del diritto delle donne a guidare le automobili.
Al-Walid si è sempre schierato a favore dei diritti delle donne dell’Arabia Saudita e martedì 19 novembre ha pubblicato sul suo sito personale una lunga dichiarazione in cui spiega perché è arrivato il momento di eliminare il divieto imposto alle cittadine del regno.
“L’Arabia Saudita è stata paziente e ha consentito alla società di evolversi secondo i propri tempi e desideri”, scrive il principe. Tuttavia, “impedire alle donne di guidare è oggi una questione di diritti, come lo era impedirle di ricevere un’istruzione o avere un’identità indipendente. Sono tutti atti iniqui da parte di una società tradizionale, molto più restrittivi di quand non sia previsto dai precetti religiosi. Il divieto di guidare è fondamentalmente una violazione dei diritti della donna”.
Ma oltre a essere una questione di diritti, è anche una questione più ampia, e nella sua lettera Al-Walid affronta i fattori finanziari, sociali, religiosi e politici.
Particolarmente interessanti i benefici economici elencati: eliminando la necessità di impiegare autisti, che sono non cittadini sauditi ma stranieri, si eviterebbe la fuoriuscita di miliardi di riyal in forma di rimesse spedite alle famiglie nei paesi di origine. In secondo luogo, verrebbe meno la necessità stessa di importare guidatori stranieri; ne gioverebbe il traffico e la congestione stradale. Infine, se le donne potessero guidare, potrebbero essere assunte da altre donne per fare le autiste.
“Resta inteso che se alle donne dovesse essere conferito il diritto di guidare, questo non implicherebbe che il governo forzi i loro tutori ad adeguarsi”, precisa Al-Walid, che sembra non voler contestare quello che rappresenta in effetti il cuore della discriminazione di genere in Arabia Saudita: la tutela legale delle donne di ogni età e condizione da parte di un tutore uomo.
Il principe ffronta anche la questione morale e religiosa: “Non sarebbe meglio dal punto di vista della sicurezza e dell’etica permettere alle donne di guidare le proprie auto piuttosto che esporle ai pericoli dell’essere trasportate da sole da individui maschi stranieri?”.
La parte conclusiva del testo esamina le restrizioni e le condizioni di corredo al diritto alla guida: avere con sé uno smartphone da usare in caso di necessità; essere familiari con i servizi di assistenza stradale in caso di un guasto all’automobile; vietare alle donne di guidare fuori dai confini cittadini; limitare l’ottenimento delle patenti di guida alle sole automobili.
Inoltre, secondo Al-Walid sarebbe opportuno addestrare agenti donne tra i vigili urbani, in modo che possano intervenire nel caso in cui conducenti di sesso femminile siano coinvolte in incidenti o infrazioni.
“È per il ceto medio e quello basso di questo paese che sto promuovendo la causa del diritto delle donne a guidare. Ed è anche perché mi preoccupo del benessere economico e del welfare sociale del nostro amato paese, l’Arabia Saudita”, conclude Al-Walid, confermando in fondo che il nodo centrale non è tanto quello dei diritti, quanto quello economico, in un paese in cui la fonte principale di entrate, il petrolio, è calata del 51 per cento lo scorso anno a causa del crollo del prezzo del greggio.
Leggi l'articolo originale su TPI.it