Mosammat Jasmine ogni giorno attraversa le trafficate strade della città di Chittagong, in Bangladesh, in sella al suo risciò, sfidando i pregiudizi e le tradizioni con addosso il suo casco rosso.
“Lo faccio perché i miei figli non soffrano mai la fame, e possano un giorno avere una corretta formazione scolastica”, ha raccontato la donna, madre di tre bambini, all’agenzia Afp. “Allah mi ha dato le mani e le gambe per lavorare. Io non chiedo niente a nessuno, ma sfrutto questi doni della vita”.
La conoscono tutti al Bus Terminal di Chittagong, la seconda città più grande del paese, dove tutti apprezzano il suo impegno e la sua serietà, anche se non sono mancati i momenti di difficoltà.
Con i suoi 160 milioni di abitanti a maggioranza musulmana, il Bangladesh è una delle società più conservatrici dell’Asia. Era impensabile vedere una donna guidare uno dei mezzi di trasporti più diffusi del paese. Nel 2012 Jasmine ha sfidato le autorità religiose e le tradizioni, infrangendo questa regola non scritta.
Dopo aver lavorato come cameriera, a un certo punto della sua vita la donna si ritrovò da sola, abbandonata dal marito. Fu assunta come operaia in una fabbrica, ma le ore di lavoro erano insostenibili e la paga misera.
“Un impiego del genere è necessario se ci si deve occupare solo di se stessi”, ha raccontato la 45enne. “Ma non funziona se a casa hai tre bambini di cui prenderti cura. Il lavoro in fabbrica ti consuma il fisico e la paga non è sufficiente”.
Un giorno un suo vicino di casa le propose di prendere in affitto il suo risciò per qualche ora. Jasmine non se lo fece ripetere due volte. Aveva bisogno di guadagnare qualche soldo per la famiglia. Per questo decise di salire in sella alla bicicletta e pedalare nell’intricato labirinto di strade di Chittagong.
La sfida più grande era farsi accettare in un mondo dominato dagli uomini.
“Mi deridevano tutti quanti quando mi vedevano in sella al mio risciò”, ha spiegato la donna. “Alcuni mi dicevano che l’islam proibiva a una donna di fare su e giù con una bicicletta, mentre altri si rifiutavano di pagare lo stesso prezzo riconosciuto a un collega maschio. Ho tenuto duro e ho sopportato gli insulti e le frasi spregiative nei miei confronti. Molti mi chiamavano la zia pazza, ma io non mollavo. Pensavo ai miei figli”.
Giorno dopo giorno, Mosammet Jasmine è riuscita a conquistare il suo spazio e il rispetto di clienti e colleghi. “Lei è unica in tutti i sensi, oltre a essere l’unica donna guidatrice di risciò. Il suo coraggio è commovente”, ha detto con ammirazione l’attivista locale Suzana Salim.
Oggi Mosammet lavora otto ore al giorno, con un guadagno quotidiano di sette euro. Con i soldi racimolati riesce a vivere e pagare l’affitto del suo risciò, che ha ribattezzato con il nome di Walli.
“È un buon esempio per la società, a differenza di tante donne che finiscono stritolate nelle maglie della prostituzione e della droga”, ha raccontato all’Afp un imam di una moschea locale. “Lei si occupa dei suoi figli e questo è lodevole”.
Nonostante il suo ruolo sia stato accettato da più parti, Mosammet Jasmine deve combattere con alcuni musulmani praticanti che mettono in dubbio la sua fede. “Io vado avanti. I miei bambini hanno bisogno di andare a scuola, pertanto farò del mio meglio per supportarli, finché vivrò”, ha concluso la donna.
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