Nell’ambito dell’inchiesta sul caso Petrobras, l’azienda petrolifera di stato brasiliana, il procuratore generale Rodrigo Janot ha chiesto al Supremo Tribunale Federale (Stf) di rinviare a giudizio i due ex presidenti Luiz Inacio Lula da Silva e Dilma Rousseff. Entrambi sono accusati, insieme ad altri sei membri del Partito dei lavoratori, di costituito un’associazione per delinquere a fini di corruzione.
Quali sono le accuse
Quest’organizzazione criminale, secondo il procuratore Janot, aveva l’obiettivo di distrarre fondi dall’azienda di stato e dirottarli verso il partito di governo e i suoi membri più alti in grado. “Lula è stato il grande ideatore di quest’associazione criminale”, ha detto Janot all’agenzia di stampa Reuters.
La procura accusa gli imputati di aver ricevuto tangenti per non meno di 1,5 miliardi di reais, vale a dire oltre 400 milioni di euro, tra il 2002 e il 2016. Si tratta di accuse molto pesanti per i due politici brasiliani, le prime di rilievo penale per Dilma Rousseff, dopo essere stata sottoposta alla procedura di impeachment nel 2016 per aver infranto alcune leggi fiscali.
La presidente brasiliana è così stata sostituita dal suo vice Michel Temer, anche lui accusato di corruzione nell’ambito della medesima inchiesta, originata da un’operazione di polizia detta “Lava Jato” – letteralmente “autolavaggio” – che dal 2014 indaga su un giro di tangenti all’interno dell’azienda petrolifera statale Petrobras grazie alla dichiarazioni del pentito Alberto Youssef.
Secondo gli inquirenti lo scandalo riguarda una cifra pari ad almeno 10 miliardi di reais, cioè oltre 2,7 miliardi di euro, tra tangenti e fondi dell’azienda Petrobras indebitamente attribuiti.
L’operazione “Lava Jato” ha scoperto un cartello di aziende private che pagavano tangenti a politici e funzionari per poter firmare contratti con Petrobras, scaricando poi i costi di quei crimini proprio sull’azienda di stato, tramite una maggiorazione dei costi.
Le reazioni dei due ex presidenti
Il Partito dei Lavoratori ha fatto sapere, in una dichiarazione, che le accuse del procuratore Janot non hanno alcun fondamento e sono solo un mezzo per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da altre indagini ben più importanti.
I legali della ex presidente Dilma Rousseff hanno poi detto che l’ufficio del pubblico ministero non ha offerto alcuna vera prova del coinvolgimento della loro assistita nei reati di cui è accusata e ha chiesto al Supremo Tribunale Federale di garantirle il diritto costituzionale di difendersi contro accuse false e non provate.
Il documento di 230 pagine depositato presso il Supremo Tribunale Federale è stato contestato anche dal legale di Lula, secondo cui il suo assistito è perseguitato per fini politici. Lula, è ancora il politico più popolare del Brasile e sta tuttora scontando gli effetti di una condanna in primo grado per corruzione che gli impedisce di correre per la carica di presidente nelle elezioni del 2018.
Il politico 71enne deve poi affrontare altri quattro processi per la medesima accusa. Il 6 settembre poi, Lula è stato accusato dall’ex ministro delle finanze del Brasile, Antonio Palocci, di aver ricevuto tangenti dall’azienda brasiliana Odebrecht.
I legali di Palocci hanno detto agli inquirenti che l’ex presidente ha accettato che l’azienda acquistasse per suo conto diversi terreni in Brasile, una casa di campagna nello stato di San Paolo e almeno 300 milioni di reais, pari a oltre 81 milioni di euro.
“È stato un patto di sangue” ha detto a Reuters Adriano Bretas, uno degli avvocati di Palocci. Tracy Reinaldet, un’altra legale dell’ex ministro, ha detto che l’accordo è stato fatto durante la transizione dall’ultima amministrazione Lula a quella del primo mandato di Dilma Rousseff.
Palocci, che è stato sentito dai magistrati per due ore il 6 settembre, ha detto di essere a conoscenza dei fatti perché inizialmente ha lavorato come capo dello staff della Rousseff, prima di essere costretto a dimettersi a causa di diverse accuse di corruzione.
I legali di Lula hanno però fatto sapere che le dichiarazioni di un personaggio come Palocci, arrestato nel 2016 nell’ambito di un’indagine per corruzione, non può essere credibile. Secondo il collegio di difesa dell’ex presidente, Palocci mente e accusa altre persone senza fornire prove solo per assicurarsi un accordo favorevole con i magistrati al fine di vedersi ridurre la propria condanna.