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    Il presidente delle Filippine ha ordinato ai soldati di sparare “nella vagina” alle donne ribelli

    Credit: AFP Photo

    Contemporaneamente la Corte penale internazionale ha comunicato aver cominciato ad esaminare la brutale guerra alla droga del Presidente delle Filippine per crimini contro l'umanità

    Di Marta Perroni
    Pubblicato il 13 Feb. 2018 alle 12:46 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:07

    Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, famoso per la sua sanguinaria guerra alla droga, durante un discorso a oltre 200 ex soldati comunisti a Malacañang lo scorso 7 febbraio, ha dato una ordine preciso su cosa fare con le donne combattenti della guerriglia ribelle.

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    “Dite che il presidente ha dato un nuovo ordine. Non ti uccideremo. Ti spariamo solo nella vagina”, ha detto Duterte. Che ha continuato dicendo che “senza la vagina, [le donne] sono inutili”.

    Duterte, nel suo lungo discorso, ha pronunciato spesso la parola, nella lingua Visayan, ‘bisong’ (vagina) che è stata poi rimossa e censurata dalle trascrizioni ufficiali e sostituita da asterischi.

    “Muingon na sila nga nga “Oh, sige. Oh. Unya pila’y patay?” “Tulo. Tulo.” “Ha?” “Tulo na.” “P***** i**. Ayaw pud paalkanse.” “Naay babae? Unsa man, nakagunit og armas?” “Sir, fighter gyud. Amazona.” “Pusila sa b**** arong di na…” [laughter]

    (TRANSLATION: They will say “Okay, how many people are dead?” “Three.” “What?” “Three.” “Son of a b****, don’t lose.” “Are there any women holding guns?” “Sir, she’s a fighter. An amazona.” “Shoot the…” [laughter])”

    Dal-a na. Ingna ang mga sundalo. Ingna sila ang mga sundalo. “Ah, unsa man nang babae.” Ingna sila. Tawga run ang mga sundalo. “Order bag-o ni mayor. Di lang daw mo patyon. Pusilon lang mo sa b**** arong —” Og wa na ma’y b****, wa na ma’y silbi.

    (TRANSLATION: Bring that. Tell the soldiers. “There’s a new order coming from mayor. We won’t kill you. We will just shoot your —- so that…” If there are no —- it would be useless.)

    Questa dichiarazione di Duterte “è solo l’ultima di una serie di affermazioni misogine, dispregiative e umilianti che ha fatto sulle donne”, ha detto Human Rights Watch in una dichiarazione inviata ad Al Jazeera lunedì.

    Emmi de Jesus, membro del Congresso filippino in rappresentanza del Partito delle donne di Gabriela, ha definito quella di Duterte come una “pessima osservazione”, dicendo che fomenta ulteriormente la cultura dell’impunità nel paese.

    De Jesus ha detto che il presidente “si conferma ancora una volta come il più pericoloso macho-fascista nel governo in questo momento”. Aggiungendo che Duterte sta portando “il terrorismo di stato contro le donne e il popolo a un livello completamente nuovo” spingendo i soldati “a commettere sanguinose violazioni dei diritti umani e gravi abusi del diritto internazionale umanitario”.

    “Incoraggia le forze statali a commettere violenze sessuali durante i conflitti armati, una violazione del diritto internazionale umanitario” ha dichiarato ancora Carlos Conde, rappresentante di Human Rights Watch nelle Filippine .

    Quella del 7 febbraio scorso è infatti solo l’ultima di un elenco di dichiarazioni misogine e violente pronunciate dal presidente filippino.

    Credit: AFP Photo

    Durante la sua campagna elettorale nel 2016, parlando della rivolta della prigione del 1989 in cui un missionaria australiana era stata violentata e uccisa, Duterte ha scherzato sul fatto che avrebbe voluto avere l’opportunità di violentarla lui stesso.

    “Si, ero arrabbiato per lo stupro. Ma era così bella che il sindaco [di Davao City] sarebbe dovuto essere il primo. Che spreco”, aveva detto. Per poi scusarsi più tardi dicendo che stava scherzando e non intendeva mancare di rispetto alle donne o alle vittime dello stupro.

    Nel maggio dell’anno scorso invece, si è rivolto ai soldati di Mindanao, regione autonoma e una delle più grandi isole filippine, dicendo, apparentemente come una battuta, che se mai fossero stati sotto corte marziale, sarebbero stati assolti nel caso in cui avessero violentato almeno tre donne.

    A gennaio, durante la sua visita in India, ha detto a un gruppo di imprenditori indiani e filippini a Nuova Delhi che vorrebbe attirare visitatori nelle Filippine offrendo “42 vergini”.

    Mercoledì scorso, Harry Roque, portavoce di Duterte, ha difeso la serie di commenti sessisti del presidente, dicendo che i critici e i giornalisti dovrebbero stare più sereni e tranquilli.

    “Sai, a volte, queste femministe sono davvero un po’ esagerate”, ha detto Roque usando il termine filippino che significa ‘dalle reazioni spropositate’.

    “Voglio dire, è divertente, dai, ridi”, ha detto ad un rappresentate dei social media pro-Duterte, aggiungendo che le persone “si identificano con il suo umorismo”.

    L’amministrazione Duterte si era impegnata in una serie di negoziati di pace con i ribelli comunisti nelle Filippine, da quando è entrato in carica a metà 2016.

    Ma, in seguito ai nuovi scontri tra le forze governative e combattenti ribelli nel 2017, Duterte ha firmato un proclama che etichettava i combattenti comunisti come un gruppo “terrorista”, in sostanza interrompendo il processo di pace e ordinando l’arresto di diversi leader della comunità.

    Il Presidente filippino anche usato barzellette per attaccare le donne che hanno messo in dubbio la sua guerra contesa e sanguinaria contro la droga. I suoi obiettivi includono Leila de Lima, un senatore ed ex ministro della giustizia che è stato uno dei suoi maggiori oppositori.

    De Lima è in prigione in attesa di processo per un’accusa di corruzione.

    Durante le udienze prima del suo arresto, erano stati resi pubblici dettagli imbarazzanti di una relazione romantica tra lei, l’autista e la guardia del corpo accusati di aver ricevuto tangenti per suo conto; la senatrice ha descritto questo come parte di una campagna dell’amministrazione Duterte per molestarla e zittirla.

    A proposito di questo, la settimana scorsa, giovedì 9 febbraio, la Corte penale internazionale (ICC) ha comunicato di stare esaminando la brutale guerra alla droga del Presidente delle Filippine.

    Harry Roque, portavoce del Presidente, ha detto ai giornalisti che giovedì l’Ufficio del Procuratore della ICC ha informato i funzionari delle Filippine che sarebbe stata aperta un’inchiesta preliminare sulla necessità di un’indagine.

    “Il presidente ha detto che accoglie anche questo esame preliminare perché è stufo e stanco di essere accusato della commissione di crimini contro l’umanità” ha detto Roque.

    Duterte vede l’esame della corte internazionale come un’opportunità per confutare le accuse contro di lui, ha detto Roque, aggiungendo che questa mossa è una perdita di tempo e risorse, spinta dai nemici del Presidente per metterlo in imbarazzo.

    Ma la ICC “indaga e, laddove è giustificato, tenta di perquisire le persone accusate di gravi crimini di interesse per la comunità internazionale: genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione” si legge dal sito web ufficiale.

    In una dichiarazione, Fatou Bensouda, il procuratore capo della Corte penale internazionale, ha confermato di aver aperto un esame preliminare sulla situazione nelle Filippine, che “analizzerà i crimini presumibilmente commessi […]. nel contesto della campagna “drug war“.

    “Mentre alcuni di questi omicidi si sono verificati nel contesto di scontri tra o all’interno di bande, si sostiene che molti degli incidenti segnalati riguardavano uccisioni extra-giudiziarie nel corso di operazioni antidroga della polizia” ​​ha dichiarato.

    I gruppi per i diritti umani hanno a lungo accusato Duterte di gravi violazioni dei diritti umani nella sua campagna antidroga che, secondo le stime di Human Rights Watch, ha causato la morte di 12.000 persone da giugno 2016, contro quelle del governo delle Filippine che dichiara la morte di circa 3.900 persone.

    In ottobre, Amnesty International ha affermato che la campagna degli omicidi di polizia extragiudiziali “può costituire un crimine contro l’umanità”.

    Il mese scorso, il gruppo per i diritti, ha avvertito “alla polizia è stato permesso di operare in una cultura di quasi totale impunità”, aggiungendo che “tutti i responsabili, compresi quelli in posizioni di comando, devono essere compresi nell’indagine”.

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