Il presidente della camera dei deputati brasiliana, Eduardo Cunha, ha rassegnato in lacrime le dimissioni giovedì 7 luglio. Il
sistema politico brasiliano, tre mesi dopo il voto di impeachment per la presidente
Dilma Rousseff, resta agitato, ma in pochi probabilmente si lamenteranno per la
decisione del capo della contestata istituzione.
Cunha, un ultra-conservatore evangelista,
era stato sospeso dall’incarico lo scorso maggio dal Supremo tribunale
federale, dopo essere stato travolto da una serie di scandali di corruzione,
tra cui l’accusa di aver nascosto conti segreti in Svizzera, di aver abusato
del suo potere, di aver intimidito altri deputati e di aver ostruito la
giustizia.
Sebbene avesse negato le accuse e
assicurato di non aver intenzione di dimettersi, negli ultimi mesi le pressioni
politiche perché facesse un passo indietro erano cresciute. Lo stesso presidentead interim del Brasile Michel Temer, compagno di partito all’interno del
Movimento democratico brasiliano, gli aveva consigliato di dimettersi.
Il discorso con cui Cunha ha annunciato le
dimissioni è stato caustico: “Lascio perché, come è noto, la camera è acefala,
a causa di un interim bizzarro che non è in linea con le esigenze del paese,
che invece aspetta da tempo il cambiamento del presidente della Repubblica”.
Il dato politico fondamentale, tuttavia, è
se Cunha perderà anche il suo seggio di deputato e con esso l’immunità
parlamentare. Fonti giudiziarie sostengono che sia questione di tempo perché le
prove contro l’ex presidente della Camera, coinvolto nello scandalo Lava Jato
sono schiaccianti.
Infatti, sono molti gli alleati che temono
ripercussioni nel caso di una condanna dell’ex presidente della Camera, che secondo
molti ha costruito la base del suo successo politico grazie alla conoscenza dei
segreti di alleati e avversari. Alcuni media brasiliani hanno riportato la
notizia che Cunha ha assicurato Temer che, se andrà in prigione, non ci andrà
da solo.
Cunha aveva avuto un ruolo fondamentale
durante la votazione per l’impeachment di Dilma Rousseff: secondo gli avversari
era stata una vendetta contro il Partito dei lavoratori della presidente che
aveva rifiutato di appoggiarlo durante l’inchiesta della commissione etica del
parlamento.
Ma il suo calcolo di spostare l’attenzione
dal suo caso su quello della presidente Rousseff o la speranza di avere una
ricompensa da coloro che grazie a lui sono saliti al potere, alla fine si è
rivelato sbagliato.