Migliaia di manifestanti favorevoli e contrari all’aborto sono scesi in strada in Polonia, in risposta alla linea abolizionista del
partito di governo Diritto e Giustizia (PiS). Il primo ministro Beata Szydlo e
il leader della maggioranza Jaroslaw Kaczynski, come promesso durante la
campagna elettorale dello scorso anno, vogliono infatti promulgare una legge
che vieti l’aborto in ogni circostanza.
In Polonia, l’aborto è già regolato in modo restrittivo da
un compromesso del 1993 tra politica e Chiesa cattolica, da sempre molto influente nel paese.
L’attuale legge prevede infatti la possibilità dell’interruzione della
gravidanza solo nei casi di violenza sessuale, incesto, rischio di salute per
la madre o grave deformazione del feto.
Secondo gli organizzatori delle proteste pro vita, queste si
sarebbero svolte in più di 140 città. Gli antiabortisti sostengono che la nuova
legge dovrebbe permettere alla Polonia di lasciarsi definitivamente alle spalle
l’era comunista, durante la quale le donne polacche non solo avevano la piena
libertà di abortire, ma in molti casi erano anche spinte a farlo. I
manifestanti stanno raccogliendo le 100mila firme necessarie per presentare la
proposta di legge in parlamento.
In risposta alle proteste antiaborto, migliaia di cittadini
polacchi hanno manifestato a favore di una completa liberalizzazione della
legislazione. Il prof. Romauld Debski, ginecologo, ha dichiarato che con le
nuove misure volute dal governo “un dottore che prova a salvare la vita di una
donna, causando la morte non intenzionale del bambino non ancora nato, rischia
fino a tre anni di carcere”. Anche questi manifestanti si sono attivati per
presentare in parlamento una legge che liberalizzi completamente l’aborto.
Secondo un sondaggio di opinione di marzo 2016, il 51 per
cento dei polacchi è favorevole a una regolamentazione meno restrittiva della
materia. Ufficialmente, in Polonia vengono effettuati circa 2mila aborti ogni
anno, ma le statistiche sono nettamente più ampie considerando le interruzioni
di gravidanza illegali e le donne che vanno ad abortire all’estero.
Il partito Diritto e Giustizia, al governo da pochi mesi,
non deve solo fronteggiare le critiche interne, ma anche i richiami ufficiali
dell’Unione Europea a causa delle sue politiche conservatrici sui diritti
civili.