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    Polemiche sull’origine del nuovo coronavirus, si torna a parlare del laboratorio Wuhan

    Un addetto alla sicurezza di fronte all'Istituto di virologia di Wuhan, il 27 gennaio 2021. Credit: EPA/ROMAN PILIPEY
    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 27 Mag. 2021 alle 22:30 Aggiornato il 27 Mag. 2021 alle 22:31

    Polemiche sull’origine del nuovo coronavirus, si torna a parlare del laboratorio Wuhan

    A quasi un anno e mezzo da quando sono stati confermati i primi casi di Covid-19, l’origine della pandemia che ha causato più di 3,5 milioni di morti in tutto il mondo continua a far discutere.

    L’assenza di prove certe sulla provenienza del nuovo coronavirus, dopo numerosi studi e un’indagine dell’Organizzazione mondiale della Sanità, ha riacceso le polemiche sulle responsabilità della Cina nelle fasi iniziali dell’epidemia, facendo riemergere teorie screditate.

    Nonostante le ripetute smentite da parte delle autorità cinesi e i dubbi della comunità scientifica, nelle scorse settimane è infatti tornata alla ribalta l’ipotesi che il virus sia fuoriuscito da un laboratorio della città cinese di Wuhan, in un incidente che sarebbe poi stato insabbiato dalle autorità di Pechino.

    Una possibilità citata anche dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che mercoledì 26 maggio ha ordinato alle agenzie di intelligence del paese di “raddoppiare” gli sforzi per arrivare entro 90 giorni a una “conclusione definitiva” su come il virus ha contagiato per la prima volta gli esseri umani. Nello stesso giorno, il Senato degli Stati Uniti ha approvato una proposta per declassificare le informazioni federali relative alle origini di Covid-19.

    Anche Facebook ha sdoganato quella che fino a qualche settimana fa era considerata una teoria complottista, annunciando la fine di un divieto sui contenuti in cui viene affermato che il virus è stato realizzato dall’uomo. Una nuova politica che, secondo il principale social network al mondo, è stata adottata “alla luce delle attuali indagini sulle origini” del virus.

    Fin dalle prime settimane dell’epidemia, l’Istituto di virologia di Wuhan (Wuhan Institute of Virology, o Wiv) è stato al centro di molte teorie sull’origine di Sars-Cov-2, spesso alimentate dalla stampa vicina al presidente statunitense Donald Trump. La sicurezza nel laboratorio in cui venivano svolte ricerche di “guadagno di funzione” per studiare come i virus animali possono infettare gli esseri umani era già stato oggetto di critiche da parte degli Stati Uniti nel 2018. All’epoca funzionari del dipartimento di Stato avevano riportato una “carenza di tecnici e investigatori addestrati in maniera appropriata, necessari per operare in sicurezza questo laboratorio ad alto livello di contenimento”. Nel 2015 era diventato il primo laboratorio della Cina ad avere un livello di biosicurezza 4 (biosafety level 4, o BSL-4), il più alto a livello internazionale.

    Nonostante i dubbi, una recente indagine condotta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sull’origine del virus non si è concentrata sul laboratorio. In base ai termini concordati con la Cina, la missione dell’Oms, che si recata a Wuhan a febbraio, ha invece studiato l’origine animale del virus, dedicando all’Istituto di virologia una visita di sole tre ore, senza la possibilità di consultare dati grezzi o documenti originali. Nel suo rapporto, il team ha comunque definito la possibilità della fuga dal laboratorio “estremamente improbabile”. Un giudizio ritenuto affrettato dai sostenitori della teoria, che hanno contestato la presenza tra i membri della delegazione di Peter Daszak, presidente dell’organizzazione di ricerca EcoHealth Alliance che ha finanziato la ricerca dello stesso Wiv, e collaboratore per 15 anni di Shi Zheng-li, dirigente del laboratorio ed esperta dei virus di pipistrelli spesso citata nelle teorie sull’origine artificiale del virus.

    Lo stesso giorno della pubblicazione del rapporto, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha affermato che la squadra non aveva potuto approfondire sufficientemente la possibilità di una fuga dal laboratorio, sostenendo che questa “richiede ulteriori indagini”.

    Una richiesta ribadita da un gruppo esperti, che in una lettera inviata alla rivista scientifica Science in vista della riunione di questa settimana dell’Assemblea mondiale della sanità ha chiesto di condurre altre indagini sull’origine della pandemia, affermando che sia le teorie “di una fuoriuscita accidentale da un laboratorio” che di un salto di specie rimangono possibili. “Sapere come è emerso Covid-19 è fondamentale per delineare le strategie globali volte a mitigare il rischio di future epidemie”, hanno dichiarato i 18 firmatari, tra cui è anche presente Ralph Baric, virologo che ha collaborato in passato con Shi.

    Ha fatto discutere anche la nuova presa di posizione dell’immunologo Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infections Diseases (Niaid) che l’anno scorso si diceva convinto del salto di specie come spiegazione più probabile della diffusione del virus. Nelle scorse settimane ha detto invece di non poter escludere che il virus “sia stato creato in laboratorio”, chiedendo “un’indagine indipendente, oggettiva, non di parte”.

    Nessuna nuova prova concreta

    Gli annunci non si sono però accompagnati alla pubblicazione di nuove prove a sostegno della teoria che il virus sia fuoriuscito dal laboratorio, perlomeno pubbliche. Secondo quanto dichiarato da Biden, la maggior parte delle agenzie che compongono la comunità di intelligence statunitense ritengono che al momento non siano disponibili “informazioni sufficienti” per valutare quale scenario sull’origine del virus sia più probabile. Due delle 18 agenzie di intelligence totali propenderebbero per la teoria di un salto di specie mentre una è più favorevole a quella dell’incidente nel laboratorio, in entrambi i casi con fiducia “bassa o moderata”.

    Negli scorsi giorni, il Wall Street Journal ha rivelato che a novembre 2019 tre ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan sono stati ricoverati in ospedale dopo aver manifestati sintomi riconducibili a Covid-19, ma anche all’influenza, a diverse settimane dai primi casi della malattia confermati dalle autorità cinesi. Una delle fonti ha riferito al quotidiano che le informazioni di intelligence, definite “molto precise”, non hanno però rivelato il motivo per cui i lavoratori si erano ammalati.

    Secondo il Wsj, il rapporto di intelligence offre ulteriori dettagli su quanto già aveva dichiarato il dipartimento di Stato in un documento pubblicato negli ultimi giorni della presidenza Trump, in cui si affermava che diversi ricercatori del laboratorio si erano ammalati nell’autunno del 2019 “con sintomi coerenti sia con Covid-19 che con una comune malattia stagionale”.

    Una “campagna diffamatoria” secondo l’ambasciata cinese a Washington, che ha definito quella della fuoriuscita dal laboratorio una “teoria del complotto”.

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