Un portavoce del museo dedicato alle vittime del nazismo a
Washington ha reso noto ieri 12 luglio il forte disappunto dell’istituzione per
il fatto che alcuni utenti della app Pokémon Go siano entrati nel museo per giocare
al popolarissimo videogioco.
Anche il Cimitero militare di Arlington, in Virginia, ha diffuso
una dichiarazione simile, diffidando i giocatori dall’introdursi nel luogo solo
per andare alla ricerca dei personaggi del famoso anime giapponese, che secondo
le regole del gioco vanno cercati e “catturati” nel mondo reale.
La app, lanciata il 5 luglio in diverse nazioni e a breve
disponibile anche in Italia, ha avuto grandissimo successo negli ultimi
giorni, e attraverso di essa si possono “catturare” i personaggi del noto anime
giapponese attraverso la fotocamera del proprio smartphone.
Per chi non ha idea di come funzioni la app, questo è più o
meno quello che c’è da sapere: scaricando l’applicazione si ha accesso a una
piattaforma di “realtà aumentata”, ovvero la possibilità, attraverso la propria
fotocamera, di vedere sullo schermo dei personaggi e oggetti digitali come se
fossero presenti nel mondo reale ripreso dall’obiettivo del telefono.
Questa possibilità viene quindi sfruttata dai giocatori, o
“allenatori”, che come in un videogioco, possono spostarsi per le vie della
propria città in cerca di Pokémon e “catturarli”, avanzando così nel gioco.
Quello che però non era stato probabilmente previsto dagli
ideatori della fortunata applicazione è il fatto che quasi immediatamente sia stata
usata in luoghi poco opportuni, come appunto il Museo delle vittime del nazismo
e il cimitero di Arlington.
Entrambi sono infatti “Pokéstops”, ovvero siti reali in cui
i giocatori possono raccogliere oggetti virtuali come medicine per Pokémon, ma
i funzionari del museo e del luogo di sepoltura stanno cercando di ottenere che
vengano rimossi dal gioco.