Nel mondo di lingua spagnola usare lo spauracchio del Venezuela è un’abitudine ricorrente. In Spagna, dalla nascita di Podemos nel 2014, la formazione di Pablo Iglesias ha ricevuto continue accuse di legami con il regime di Caracas. Le polemiche che investono il Movimento 5 Stelle dopo le rivelazioni del quotidiano ABC, hanno dei tratti comuni con i continui attacchi a Podemos, ora al governo a Madrid. I tribunali spagnoli non hanno mai ritenuto valide queste insinuazioni, ma in sintesi si imputa al partito nato dalle piazze degli Indignados di voler applicare in Spagna le politiche socioeconomiche chaviste e di aver ricevuto finanziamenti diretti dal paese caraibico.
Questa polemica persistente in Spagna nasce dopo la scoperta che alcuni dirigenti di Podemos, Iglesias, Juan Carlos Monedero e Iñigo Errejón (ora fondatore di Más País), offrirono consulenze accademiche al governo di Caracas, all’epoca presieduto da Hugo Chávez. Iglesias e Errejón, due dei fondatori di Podemos, fecero parte per un periodo del consiglio direttivo del Centro de Studios Políticos y Sociales (CEPS). Il numero tre dei primi anni di Podemos, Monedero, ha ottenuto 425mila euro per consulenze al Venezuela e alcuni partner come Ecuador e Bolivia: il politologo madrileno fu costretto alle dimissioni dagli incarichi direttivi nel partito. Il discredito di Podemos prosegue da anni, ma nessun tribunale spagnolo ha dimostrato il supposto flusso di denaro proveniente da Caracas o da Teheran.
Poco dopo la sua fondazione nel 2014, le indagini della polizia spagnola hanno collegato i suoi finanziamenti al traffico di droga, alle FARC e ai libanesi di Hezbollah, indicando persino Hugo Chávez come il vero creatore della formazione. Anche in questo caso le accuse si sono rivelate infondate. Si tratta di appunti con testimonianze di persone presumibilmente consapevoli del finanziamento illegale del partito da parte del regime venezuelano, i procedimenti giudiziari non sono nemmeno iniziati per mancanza di credibilità dei documenti. Nel 2016 è il turno del canale televisivo iraniano in lingua spagnola Hispan TV, usato secondo le accuse provenienti da Washington, per incanalare fondi nel partito di Pablo Iglesias.
Le accuse a Unidas Podemos sono arrivate spesso da ex funzionari venezuelani scappati dal paese sudamericano. All’inizio di quest’anno, il 20 gennaio 2020, il Venezuela rientra nella scena politica spagnola, questa volta Podemos non c’entra, ma la polemica investe i colleghi dell’attuale governo di coalizione, i socialisti del PSOE: la vicepresidente venezuelana Delcy Rodriguez avrebbe incontrato, all’aeroporto di Madrid-Barajas, il ministro dei trasporti spagnolo José Luis Ábalos. Le sanzioni europee impediscono a Rodriguez di mettere piede sul territorio dell’UE, il ministro socialista avrebbe conversato con la delegazione venezuelana a bordo dell’aereo.
Allargando il campo sul Venezuela, ieri è intervenuto anche l’ex presidente spagnolo Zapatero ai microfoni di Radio Cope. Dopo aver negato di essere a conoscenza dello scalo a Madrid della vicepresidente venezuelana, l’ex premier socialista ha criticato le “cose esagerate” che si dicono sul regime di Maduro. “L’approccio convenzionale al Venezuela è molto sbagliato e il tempo mi darà ragione. Il governo di Maduro non cadrà. L’unica via d’uscita è il dialogo. L’ultimo anno e mezzo di Guaidó è servito solo a dividere l’opposizione e a rafforzare il governo di Maduro. Quanto durerà Maduro? Non so, forse la domanda è quanto durerà Trump”.
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