Sono numerosi i bambini delle comunità tribali delle foreste pluviali africane sfruttati come manodopera a basso costo. Essi non vengono ricompensati con denaro per i lavori manuali che spesso sono costretti a svolgere, ma sono pagati con colla da sniffare e alcolici. Lo ha rivelato il nuovo rapporto pubblicato nel 2016 da Survival International, il movimento mondiale per la difesa dei popoli indigeni.
Si tratta di pratiche consuete. Nella Repubblica del Congo, molti commercianti costringono i bambini della tribù Bayaka a prestare servizio per la pulizia delle latrine, ma in cambio non ricevono denaro, bensì colla da sniffare.
In Camerun, invece, i membri della tribù Baka adoperati come manovali a basso costo, ricevono come retribuzione cinque bicchieri di Moonsgine, in cambio di mezza giornata di lavoro.
La combinazione di povertà e depressione generata dall’espropriazione delle loro terre, ha spinto molti uomini delle tribù a bere, come se l’alcool rappresentasse l’unica via di fuga dai guai.
I problemi di dipendenza e abuso di sostanze sono piuttosto comuni fra le tribù che hanno subito l’esproprio dei loro appezzamenti di terreno. In Australia, ad esempio, i tassi di alcolismo fra gli aborigeni, sono più elevati rispetto alla media registrata fra la popolazione complessiva.
La tossicodipendenza e la dipendenza da alcool fra i popoli indigeni sono il risultato di una politica fallimentare, imposta dal progresso e dallo sviluppo intensivo, che ha costretto popoli in gran parte autosufficienti a cambiare drasticamente lo stile di vita. Essi hanno subito violenze, sono stati ridotti in schiavitù o hanno sperimentato atti di razzismo; sono stati defraudati delle loro terre, derubati delle proprie risorse e sfruttati come manodopera.
Tutti questi crimini sono stati compiuti, nella maggior parte dei casi, in nome del progresso e dello sviluppo da parte delle società industrializzate. “Il progresso finora ha distrutto molte tribù. Per questo motivo, abbiamo chiesto alle Nazioni Unite di prendere posizione contro lo sviluppo forzato sulle terre tribali”, ha dichiarato il direttore di Survival International Stephen Corry.
A tutto ciò si associa la sottrazione delle loro terre. E’ il caso della tribù Baka composta da cacciatori-raccoglitori della foresta pluviale dell’Africa Centrale.
(Per generazioni, i Baka hanno vissuto in modo sostenibile come cacciatori-raccoglitori nella foresta pluviale dell’Africa centrale. Credit: Survival International)
Il caso dei Pigmei Baka del Camerun
Il 10 febbraio 2016 Survival International ha presentato un’istanza formale all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) denunciando le attività del Wwf in Camerun.
E’ la prima volta che un’istanza del genere viene presentata contro un’organizzazione, poiché si tratta di una procedura in genere utilizzata contro le società multinazionali.
Il Wwf è accusato di coinvolgimento negli abusi violenti e nei furti di terra ai danni dei Pigmei Baka del Camerun. In particolare, da un’indagine effettuata da Survival, il Wwf avrebbe finanziato ed equipaggiato squadre di anti-bracconaggio, le quali per un decennio hanno usato violenza contro uomini e donne Baka e contro altre tribù della foresta.
Così facendo, l’organizzazione mondiale per la difesa e la conservazione dell’ambiente ha violato sia le linee guida sui diritti umani dell’Ocse sia i suoi stessi “principi sui popoli indigeni e la loro conservazione”.
Le testimonianze dei Baka raccolte da Survival sulle attività delle squadre anti-bracconaggio nella regione sono numerose. “Quando sono venuti nella mia casa a picchiarmi, io e mia moglie stavamo dormendo. Ci hanno picchiato con il machete”, ha raccontato l’uomo. Per generazioni, i Baka hanno vissuto in modo sostenibile come cacciatori-raccoglitori nella foresta pluviale dell’Africa centrale.
“Lasciano morire gli elefanti nella foresta e allo stesso tempo ci impediscono di mangiare”, ha raccontato un altro membro della tribù Baka.
La loro terra continua a essere devastata dal disboscamento, dalle attività minerarie e dal traffico di animali. I popoli indigeni temono che le loro terre vadano distrutte.
L’organizzazione per la difesa dei popoli indigeni ha chiesto un nuovo modello di conservazione che rispetti i diritti di questi popoli, che hanno vissuto e gestito i loro ambienti per millenni. Ciò significa dover limitare per quanto possibile l’attività delle grandi organizzazioni per la conservazione che spesso collaborano con le industrie e il turismo, danneggiando l’habitat naturale delle tribù che vi abitano.