In Argentina il Condor delle Ande, tra i volatili più grandi del mondo, deve fare i conti con una nuova minaccia: i pesticidi, specialmente quelli illegali. Usati nell’agricoltura industriale delle pampas, dove vengono coltivati mais, soia e grano, i prodotti chimici sono stati trasformati dagli allevatori di bestiame in esche mortali per avvelenare i predatori interessati ai loro animali.
A denunciare quanto sta accadendo sono Aves Argentinas, associazione nazionale che tutela i volatili, e la fondazione ‘Programma di conservazione del Condor delle Ande‘, insieme ad altre associazioni ambientaliste. “Nell’ultimo anno sono morti in questo modo 90 esemplari – si legge nel comunicato diffuso dall’organizzazione – 23 solo nelle ultime settimane”.
Il Carbofuran
Negli ultimi anni, secondo gli studi tossicologici realizzati dalla Fondazione Bionandina Argentina e dal Programma di Conservazione del Condor delle Ande, i vecchi veleni oggi proibiti, cari e difficili da trovare, come la estricnina, sono stati rimpiazzati da concentrati chimici ancor più pericolosi. Questi veleni, benché siano stati anch’essi messi al bando, continuano a essere usati perché sono facili da reperire. È il caso del Carbofuran, un pesticida tra i più potenti e dannosi.
Il Carbofuran viene usato soprattutto nelle coltivazioni industriali per difendere i campi di mais, soia, grano e patata dagli insetti. E ora è diventato un’arma ancor più pericolosa con cui gli allevatori intossicano le carcasse.
Le ripercussioni
Le conseguenze di questo uso illegale sono varie e vanno ben oltre il regno animale. In primo luogo gli effetti si ripercuotono sull’ecosistema: uccidendo i condor, si uccidono degli animali che, nutrendosi di carcasse, sono degli ‘spazzini’ naturali. In secondo luogo il veleno cosparso sulle esche raggiunge il suolo, inquinando quindi anche terreno fertile.
In tutta l’America del Sud sono 6.700 gli esemplari di Condor delle Ande rimasti, distribuiti lungo la Cordigliera delle Ande dal Venezuela alla Terra del Fuoco, nell’estremo sud. “Per una specie minacciata, 90 morti sono tanti, è una condanna all’estinzione”, dice Luis Jácome, presidente della Fondazione Bioandina.
“Facendo una proporzione con la popolazione umana, la morte dell’1,4% delle specie equivarrebbe a uccidere l’intera popolazione di Cile, Argentina, Bolivia e Perù in meno di due anni”, continua.
“La sostituzione di queste morti durerà per circa 150 anni”, avverte Jácome. Questo perché gli esemplari uccisi erano adulti, per cui insieme a loro è stata uccisa anche futura progenie.
“Per avere nuovi condor bisognerà aspettare che i giovani crescano”, precisa il presidente della fondazione. Un condor può vivere anche 75 anni, ma depone una o due uova all’anno. E i pulcini non raggiungono l’età fertile prima dei nove o dieci anni.
La Fondazione Bioandina ha aperto una raccolta firma per chiedere una legge per regolamenti e monitori l’uso, la fabbricazione, lo stoccaggio, il trasporto, la commercializzazione, la pubblicità e la prescrizione di prodotti e sostanze destinati direttamente o indirettamente all’uso agricolo.
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