Secondo uno studio, pubblicato dalla rivista Cognitive Neuroscience, il cervello delle persone solitarie funziona in maniera diversa rispetto a quello di chi si è solito circondarsi da amici e famiglia. Questo perché quando passiamo molto tempo in solitudine, il nostro cervello sviluppa un maggiore grado di sensibilità nei confronti del pericolo, anche conosciuto con il nome di ipervigilanza implicita.
Lo studio analizzava le reazioni dinanzi al pericolo di persone che si sentono sole e quindi socialmente escluse, non di quelle che scelgono volontariamente di passare il proprio tempo in solitudine.
Anche nell’area del cervello associata alle ricompense quotidiane, come il denaro e il cibo,
noltre l’area del cervello associata alle ricompense quotidiane, come il denaro e il cibo, ha una minore attività nelle persone che sono sole. I volontari che hanno partecipato allo studio hanno compilato un questionario e in seguito hanno visionato delle immagini di persone felici senza reagire con gran entusiasmo perché la loro attenzione in questi casi non sarebbe rivolta alle emozioni positive ma a tutto ciò che potrebbe rappresentare una minaccia.
Serviranno studi più approfonditi per comprendere meglio il funzionamento del cervello delle persone che scelgono o subiscono la solitudine, tuttavia i ricercatori si trovano già di fronte a dei risultati interessanti.