Nonostante il suo autore sia ormai defunto da quattro anni e la canzone risalga a più di quarant’anni fa, il classico di Lou Reed Walk on the Wild Side, pubblicato nel 1972, è recentemente finito al centro di una polemica rispetto a presunti contenuti transfobici nel suo testo.
La Guelph Central Student Association, un’associazione studentesca dell’Università di Guelph in Ontario, Canada, ha pubblicato il 12 maggio uno status su Facebook scusandosi per aver incluso la canzone in una playlist come sottofondo a un evento del campus.
Nella dichiarazione di scuse (ora eliminata dalla pagina) si legge: “La playlist suonata giovedì durante la distribuzione delle tessere degli autobus conteneva una canzone con testi transfobici (Lou Reed, Walk on the Wild Side). Siamo venuti a conoscenza del fatto che il testo di questa canzone sono offensivi per i nostri amici della comunità trans e vorremmo scusarci per questo errore di giudizio.
Come associazione ci siamo impegnati a essere più attenti nella selezione della musica durante i nostri eventi. Ci riuniremo per discutere come potremo creare playlist migliori in futuro”.
Sempre su Facebook, l’associazione ha proseguito definendo “problematica” l’idea che “conversare, passare del tempo o fare sesso con una persona trans consista in ‘farsi un giro sul lato selvaggio’”, condannando la canzone per il fatto di descrivere le persone transgender come “inusuali” e “innaturali”, il che li “disumanizzerebbe” .
Quando la notizia si è diffusa oltre i confini dell’università, diverse persone amiche di Reed hanno commentato ridicolizzando l’idea dell’associazione, e considerando semplicemente assurda l’ipotesi che il brano possa essere in qualche modo “transfobico”, sia per il suo testo che per la storia personale del cantante newyorchese.
Reed ebbe a partire dal 1974 una relazione amorosa durata anni con una transessuale non operata di origini messicane chiamata Rachel (il cognome è ignoto), citata anche nella canzone Coney Island Baby del 1975 e visibile in diverse immagini di Reed dell’epoca.
Reed non nascose mai la sua bisessualità, che pagò con disumani trattamenti di elettroshock quando era ancora adolescente e i genitori pensavano così di curarlo. Reed ebbe nella sua vita anche lunghe relazioni eterosessuali sposandosi tre volte con tre donne.
Il vero significato di Walk on the Wild Side
Ma cosa dice davvero Walk on the Wild Side, e perché ancora oggi è oggetto di polemiche? Quello che è innegabile è il fatto che la canzone parli effettivamente di persone trans, e in particolare dell’attrice trans Holly Woodlawn, morta a 69 anni il 6 dicembre 2015.
Musa di Andy Warhol negli anni Sessanta, pioniera del travestitismo e ispiratrice del più grande successo di Reed, era nata a Porto Rico nel 1946 con il nome di Haroldo Santiago Franceschi Rodriguez Danhakl, per poi trasferirsi con la famiglia negli Stati Uniti, a Miami, e da lì partire in cerca di fortuna verso New York all’età di quindici anni.
Leggenda vuole che fu proprio durante questo viaggio, effettuato prevalentemente in autostop, che Haroldo divenne Holly (ispirandosi alla protagonista di Colazione da Tiffany), approdando nella Grande Mela nelle vesti di giovane drag queen.
Il fato volle che proprio in quegli anni si affermasse in quella città il talento di Andy Warhol, dapprima come alfiere della Pop Art in pittura, e poi come artista a tutto tondo e mecenate di attori, registi, musicisti e personaggi bizzarri di ogni genere attraverso la sua Factory. Fu proprio attraverso la figura di Warhol, al tempo padrino di ogni sorta di attività hip e ricercatissimo da personaggi in cerca di celebrità, che si incrociarono le strade di Holly e di un giovane musicista ancora sconosciuto ma con un grande avvenire: Lou Reed.
Una volta terminata l’esperienza con i Velvet Underground, Reed, alla ricerca di una propria identità come solista, si rivolse nel 1972 a David Bowie per farsi produrre l’album Transformer, e cavalcando l’onda del glam rock a base di ambiguità sessuale e temi scabrosi, raggiunse l’apice della fama con canzoni come Perfect Day e Satellite of Love.
Fu però un altro il pezzo che trainò l’album in classifica, invase le radio e fece di Lou Reed un nome noto anche a chi fino ad allora non aveva avuto nessuna familiarità con il mondo proibito descritto dalle sue canzoni: Walk on the Wild Side. Lo stesso Reed, nell’album dal vivo Take No Prisoners (1978), a dare un resoconto piuttosto comico della genesi del pezzo:
“I tizi che avevano fatto l’Opera da tre soldi mi chiamano e mi dicono: ‘Pensiamo che tu sia quel genere di rockstar molto acculturata, e subito dopo Ray Davies saresti la persona più adatta per prendere il libro di Nelson Aldridge, Walk on the Wild Side, e farne una specie di musical off-Broadway’. Io dico: ‘Ma state scherzando! Il libro parla di emarginati del ghetto, amico! Cosa siete, fuori di testa?’”.
“Questi stronzi vogliono che io faccia un musical da un libro che parla di rifiuti della società? Sono forse la persona più qualificata nel mondo della musica per parlare di rifiuti della società? Comunque, alla fine diventò una sfida, così mi sono domandato: perché non scrivo il tema portante per Walk on the Wild Side? La chiamerò Walk on the Wild Side. Geniale! Avevo un grande titolo e nient’altro, e poi mi licenziarono! Voglio dire, lo fecero molto cordialmente, mi scaricarono amabilmente. Poi la commedia fu un fiasco perché teste di cazzo come Robert Christgau dissero che era orribile, e in questo caso lo era davvero. Io per primo non sarei andato a vederla, ma ormai avevo scritto la canzone per questi coglioni! Insomma, avevo questo gran titolo e ho pensato di tenermelo per il giorno in cui avrei deciso di dare l’assalto al mondo”.
La canzone è un ritratto in versi della Factory warholiana conosciuta da Reed negli anni precedenti, con strofe che senza censure tratteggiano in poche parole le vite dei personaggi incontrati a New York: c’è Jackie, ovvero Jackie Curtiss, attrice transessuale, che si fa di anfetamine e pare credesse che lo spirito di James Dean si fosse reincarnato in lei; c’è Little Joe, al secolo Joe Dalessandro, attore per Warhol e gigolò, che non l’ha “mai dato via gratis”; c’è Candy Darling, altra transessuale della Factory, che non disdegna il sesso orale per mantenersi, e la “Fata Confetto”, spacciatore e gigolò.
Senza dimenticare, nella prima e più nota strofa, proprio Holly Woodlawn, descritta nel bel mezzo del suo viaggio in autostop verso le promesse di New York, intenta a depilarsi gambe e sopracciglia e a lanciarsi nell’avventura che “da un lui l’avrebbe fatta diventare una lei”.
Questo il testo integrale considerato transfobico dall’associazione studentesca canadese:
Holly è venuta da Miami, Florida
Ha attraversato gli Stati Uniti in autostop
Lungo la strada si è depilata le sopracciglia
Si è rasata le gambe ed è diventato una lei
Dice “Ehi,bello, fatti un giro sul lato selvaggio”
Dice “Ehi, tesoro, fatti un giro sul lato selvaggio”
Candy veniva da Long Island
Dietro le quinte era la cocca di tutti
Ma non ha mai perso la testa
Neanche quando faceva pompini
Dice “Ehi,bello, fatti un giro sul lato selvaggio”
Dice “Ehi, bello, fatti un giro sul lato selvaggio”
E le ragazze di colore fanno “Do do do do…”
Little Joe non l’ha mai dato via gratis
Tutti dovevano pagare e pagare ancora
Una marchetta qui e una marchetta là
New York City è il posto in cui dicono
Dice “Ehi,bello, fatti un giro sul lato selvaggio”
Dice “Ehi, Joe, fatti un giro sul lato selvaggio”
La Fata Confetto è venuta qui e ha iniziato a battere
Alla ricerca di cibo per l’anima e di un posto per mangiare
E’ andato all’Apollo
Avresti dovuto vederlo come ci dava dentro
Dice “Ehi,Confetto, fatti un giro sul lato selvaggio”
Dice “Ehi, bello, fatti un giro sul lato selvaggio”
Jackie è davvero fatta di anfetamine
Pensava di essere James Dean per un giorno
Quindi suppongo che dovesse schiantarsi
Il valium avrebbe aiutato nella botta
Dice “Ehi,bello, fatti un giro sul lato selvaggio”
Dice “Ehi, tesoro, fatti un giro sul lato selvaggio”
E le ragazze di colore fanno “Do do do do…”
E questa la canzone: