Giornali, telegiornali, radio e siti online parlano ogni giorno di terrorismo, riproducendo immagini e filmati di violenza che non fanno che aumentare la paura del pubblico.
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La maggior parte delle persone ha vissuto gli attacchi terroristici seguendo le varie notizie sul proprio smartphone o guardando la televisione. Tutti si chiedono dove sarà il prossimo attentato, se sarà possibile prevederlo in qualche modo e se sia sicuro viaggiare di questi tempi.
La copertura mediatica sul terrorismo è un grande business, ma può causare stress e ansia. I media sono soliti a ingigantire e a sensazionalizzare il fenomeno, tanto che la maggior parte degli americani pone il terrorismo tra i primi posti nella classifica delle dieci paure del 2016. Il 63 per cento delle persone non riesce a smettere di guardare le notizie dopo un attacco terroristico.
Eppure gli attentati causano un numero inferiore di morti rispetto a tante altre cause, come per esempio la violenza armata. Allora perché ne siamo così ossessionati? Cosa succede al nostro cervello quando si sente parlare di terrorismo?
Secondo Bruce Schneier, un socio del Berkman Center for Internet Klein and Society di Harvard, l’esposizione a questo tipo di copertura mediatica sfrutta la tendenza del cervello a privilegiare le storie rispetto alle statistiche.
“La news, per definizione, è qualcosa che non accade quasi mai”, afferma il ricercatore a Vox. “Ma il nostro cervello non funziona in questo modo. Se è tra le notizie, se se ne è parlato e se se ne continua a parlare molto, tendiamo a considerarla come qualcosa di comune”.
Nel video viene spiegato come il nostro cervello riceve e rielabora le notizie che riguardano il terrorismo.
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