Nessuno è ancora riuscito a dare certezze rispetto a quale sia l’età da avere per essere definito a pieno titolo un millennial. Secondo molti si tratta dei giovani nati tra la metà degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, che oggi hanno tra i 20 e i 30 anni. Secondo un’interpretazione più estensiva, sono considerati millennial coloro che oggi hanno tra 16 e i 35 anni.
Su di loro è stato detto che hanno più difficoltà dei loro predecessori nel trovare un posto di lavoro, nel crearsi una vita indipendente e autonoma, nel conquistare una stabilità che i loro genitori sembrano aver raggiunto molto prima.
Uno studio ha indicato che fanno meno sesso di tutte le generazioni che li hanno immediatamente preceduti, raggiungendo percentuali di castità paragonabili solo a quelle dei loro coetanei degli anni Venti del Novecento.
Inoltre, secondo una ricerca condotta dall’Insitute for Fiscal Studies, i trentenni britannici odierni dispongono di una ricchezza che è la metà di quella di cui potevano godere coloro che oggi sono quarantenni.
Come se non bastasse, recenti pubblicazioni scientifiche hanno evidenziato che gli appartenenti alla generazione millennial sono anche molto più soli di quello che erano le generazioni precedenti.
Già nel 2006, il General Social Survey aveva rilevato che il numero di cittadini statunitensi senza amici stretti era triplicato dal 1985, e il numero medio di persone con cui poter parlare di “questioni importanti” era sceso da tre a due.
Ma quali sono le cause di questa epidemia di solitudine? Secondo un recente articolo di Forbes, una prima causa va individuata nella capacità della solitudine di essere contagiosa. Uno studio del 2009 ha scoperto che ci sono il 52 per cento in più di probabilità di sentirsi soli se si ha un contatto diretto (un amico, un collega, un familiare) con chi lo è già.
Questo perché le persone che si sentono sole sono meno capaci di raccogliere gli stimoli sociali positivi, come l’attenzione degli altri, e quindi si ritirano prematuramente dai rapporti sociali, destabilizzando così un’intera rete sociale.
La seconda ragione per cui la solitudine è recentemente peggiorata va ricercata nella diffusione sempre maggiore dell’uso di Internet. Usiamo il web per alleviare la nostra solitudine, e in effetti questo migliora temporaneamente la soddisfazione sociale e il comportamento delle persone sole.
Ma sul lungo periodo Internet isola sempre di più le persone e riduce le relazioni reali ancora in vita, perché si tenta di sostituirle con le relazioni online. Queste connessioni tendono a essere superficiali e, in definitiva, insoddisfacenti.
Come ha suggerito un articolo del New York Times, negli ultimi tempi l’uso dei social network sembra aver raggiunto un punto di saturazione per cui questi non sono più “qualcosa che facciamo”, ma quello che siamo.
Secondo uno studio britannico, controlliamo il telefono una media di 221 volte al giorno, ossia una volta ogni 4 minuti. Un americano medio passa cinque ore e mezzo al giorno sui media digitali, con cifre che raddoppiano nel caso dei più giovani.
In questo modo i social media riducono la quantità di tempo trascorso dagli utenti in solitudine senza interruzioni, ossia quei momenti in cui la gente può riflettere su se stessa ed elaborare la propria interiorità.
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