All’indomani del referendum britannico che ha visto
trionfare il fronte del “Leave” su quello del “Remain”, molti commentatori
hanno evidenziato il fatto che i sondaggi mostravano una differenza di
percentuali molto forte tra le generazioni più giovani e quelle più anziane.
Se tra i ventenni la scelta di rimanere nell’Unione Europea
era molto popolare, non si può dire lo stesso per le fasce d’età più in là con
gli anni, tra le quali, stando alle interviste fatte dai media sul voto, è
stata molto più frequente la propensione al “Leave” che alla fine ha prevalso.
Questo ha portato a diverse polemiche secondo cui elettori
con una speranza di vita ormai relativamente breve abbiano effettivamente
deciso del futuro (molto più esteso, almeno potenzialmente) dei loro figli e
nipoti, che dovranno fare i conti con le conseguenze di questa scelta.
Partendo da questi recenti avvenimenti, il sito statunitense
Vox si è interrogato per capire se ci siano delle basi scientifiche dietro all’idea,
generalmente diffusa, secondo cui con l’aumentare dell’età sia frequente
diventare tendenzialmente più conservatori, bigotti e schiavi dei pregiudizi.
Uno studio della Columbia University di alcuni anni fa
affermava per esempio che gli eventi storici che accadono quando abbiamo circa
diciott’anni siano quelli più determinanti per orientare le nostre future
preferenze politiche, quindi sarà più difficile che una persona cresciuta in un’epoca
abituata a determinati valori possa rinnegarli completamente in futuro.
Un’altra ricerca del 2011 su 20mila cittadini tedeschi
dedicata allo studio della personalità aveva scoperto che gli intervistati più
anziani tedeschi manifestavano un calo nel grado di apertura alle nuove
esperienze, che in psicologia viene associato ad atteggiamenti liberali a
livello politico.
Ricerche simili sono state svolte in Polonia e in Belgio, e
i risultati hanno mostrato tendenze simili, evidenziando come con l’età si
denoti un aumento della “necessità di chiusura”, ovvero il desiderio
di ridurre al minimo l’incertezza e l’ambiguità.
Naturalmente la società nel suo insieme è diventata più
tollerante e aperta nel corso dei decenni, viste le grandi rivoluzioni a
livello sociale e culturale che hanno segnato il secolo scorso, ma rimane una
tendenza a diminuire il proprio grado di apertura al nuovo man mano che l’età
avanza.
C’è anche chi attribuisce questo genere di atteggiamento a
questioni biologiche, come Bill von Hippel, psicologo della University of
Queensland, in Australia, il quale sostiene che, anche se gli anziani vogliono
cercare di essere tolleranti, con l’età avanzata perdono la capacità mentale di
inibire i pensieri indesiderati, finendo per “non trattenersi” da atteggiamenti
pregiudizievoli.
(Qui sotto, un grafico del Pew Research Center su varie categorie di posizioni politiche e sociali suddivise in percentuale per fasce d’età.)