A Pechino sarà istituito un nuovo corpo di polizia, quella ambientale, per combattere l’inquinamento dell’aria.
I nuovi poliziotti anti-smog pattuglieranno le strade per multare le violazioni delle norme ambientali, tra cui chi organizza grigliate all’aperto o chi brucia rifiuti per strada.
La notizia, annunciata dal sindaco di Pechino Cai Qi, arriva dopo una settimana in cui Pechino è stata avvolta da una fitta nebbia da smog.
Nella capitale cinese anche altri provvedimenti saranno messi in atto per contrastare l’inquinamento, tra cui la chiusura dell’ultima centrale elettrica a carbone e la riduzione dei consumi di carbone del 30 per cento. Saranno inoltre chiuse 500 fabbriche e ad almeno 300mila veicoli, tra quelli più vecchi e più inquinanti, sarà vietata la circolazione.
“C’è ancora una lunga strada da percorrere per soddisfare le aspettative”, ha aggiunto il sindaco. Nel 2015 i livelli di inquinamento atmosferico tossico sono stati otto volte più alti di quelli raccomandati dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
La Cina aveva dichiarato una “guerra all’inquinamento” nel 2014, ma i risultati che molti hanno sperato di vedere stentano ad arrivare.
La scorsa settimana, squadre di ispezione del ministero dell’ambiente hanno sorpreso alcune aziende che erano ritornate in funzione nonostante il divieto del governo. Oltre 500 tra imprese e cantieri e 10mila veicoli hanno violato le norme per la riduzione dell’inquinamento.
Ma la nuova squadra di polizia di Pechino può fare ben poco per migliorare la qualità dell’aria, dal momento che è preposta a combattere l’inquinamento urbano senza interessarsi delle acciaierie e delle centrali elettriche a carbone che si trovano poco fuori città. I poliziotti anti-smog inoltre non hanno potere contro le automobili inquinanti che intasano le strade.
Nonostante esista la consapevolezza che le più grandi fonti di inquinamento siano rappresentate dall’industria pesante e dalle automobili, il governo è riluttante a imporre un cambiamento radicale per il timore di ripercussioni economiche e di agitazioni da parte dei lavoratori licenziati nel settore dell’industria pesante.
Intanto le autorità educative di Pechino hanno ceduto alle pressioni dell’opinione pubblica, accettando di installare depuratori d’aria nelle aule scolastiche dopo più di un anno di proteste da parte dei genitori interessati.
Secondo vari studi scientifici, la qualità dell’aria tossica in Cina, provoca almeno un milione di morti all’anno e rappresenta la causa di un terzo dei decessi nelle città principali del paese, al pari del fumo. Secondo altri studi lo smog in alcune aree ha abbassato di cinque anni e mezzo le speranze di vita dei cittadini.
Leggi l'articolo originale su TPI.it