Con mani esperte Abu Rabee impasta e divide con precisione in piccoli pezzi il raha, un particolare impasto gelatinoso che viene utilizzato per farcire i biscotti o semplicemente servito a cubetti con qualche spolverata di zucchero a velo.
Il profumo di dolci si propaga ovunque nel campo profughi di al-Za’atari, in Giordania, dove il pasticcere siriano ha trovato rifugio da quasi cinque anni.
Abu Rabee ha trasformato temporaneamente la sua roulotte in laboratorio di pasticceria, dove sforna dolci e altre specialità della tradizione siriana spesso ispirati ai sapori turchi.
Chino su un fornello fuori dal suo rifugio, Abu Rabee rovescia dentro una grande pentola dello sciroppo e dello zucchero, poi con una grande pala di legno mescola il composto fino a quando non raggiunge la consistenza ideale. Si tratta di un processo faticoso che richiede quasi un’ora di lavoro, ma lui non si fa scoraggiare immaginando il risultato finale.
Abu Rabee ha 45 anni e dal 2012 vive all’interno del più grande campo profughi giordano, diventato negli anni il terzo agglomerato del paese, che attualmente ospita circa 115mila persone.
Prima dello scoppio del conflitto siriano, Abu Rabee era un piccolo imprenditore nel settore dolciario specializzato nella produzione di raha. La sua fabbrica sorgeva a Dara’a, nel sudest della Siria, ed era considerata una delle principali aziende produttrici di questo pregiato impasto. Per realizzarlo, Abu Rabee utilizzava circa 5mila pacchi di zucchero mescolato con dello sciroppo.
Oggi, date le precarie condizioni in cui si trova, l’uomo si deve accontentare di molto meno. Nonostante le quantità limitate di materie prime di cui può disporre, Abu Rabee continua ad esercitare la sua arte pasticcera perché questo gli permette di rivivere gli odori e i profumi a lui familiari, che rievocano la sua vita passata.
“La mia famiglia possiede l’azienda da tre generazioni e io dico alle persone che ho assaggiato il raha per la prima volta quando mia madre mi allattava”, ha raccontato Abu Rabee in un’intervista realizzata dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. “Quando lo preparo è come se mi catapultassi in un altro mondo. Mi dimentico di vivere dentro questo campo, e con la mente mi teletrasporto a casa”.
Con l’inizio della guerra nella primavera del 2011, la produzione del raha aveva subito un drastico calo. Soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, era diventato sempre più difficile procurarsi le materie prime e gli imballaggi necessari, mentre il prezzo dello zucchero, ingrediente di base, era salito notevolmente.
Tuttavia, per Abu Rabee produrre dolci significava rivivere i ricordi di casa sua. Il raha, infatti, veniva tradizionalmente consumato durante le celebrazioni più importanti come i matrimoni, i compleanni e le nascite, ma con lo scoppio della guerra in Siria non c’era più spazio per vivere quei momenti.
All’inizio del conflitto, il pasticcere siriano aveva lottato con tutte le sue forze per riuscire a mantenere attiva la produzione di raha, ma verso la metà del 2012 la situazione è precipitata: la sua abitazione è stata colpita dai bombardamenti e sua moglie è rimasta uccisa sotto le macerie.
Con l’acuirsi dei combattimenti, l’unica alternativa rimasta era quella di lasciare la Siria, cosa che ben presto divenne realtà. Vedovo, con i quattro figli al seguito, Abu Rabee decise di attraversare il confine con la Giordania. Poco dopo la sua partenza, la fabbrica andò distrutta a causa di un altro bombardamento.
“Produrre il raha è la mia vita e la mia professione e sono molto orgoglioso di fare questo”, ha raccontato l’uomo, che sogna ancora di tornare nel suo paese e di poter ricostruire la sua casa e la sua fabbrica, anche se questo significherebbe ripartire da zero.
Quando il pasticcere arrivò in Giordania, il campo di al-Za’atari era stato aperto da poco. Abu Rabee fu costretto a vivere per qualche tempo in una tenda, ma anche in simili condizioni non si diede per vinto e non passò molto tempo prima che si rimboccasse le maniche e iniziasse a produrre di nuovo il raha.
In assenza di uno stabilimento di produzione o di macchinari specifici, il pasticcere siriano riportò alla memoria ciò che aveva visto fare a suo padre quando era piccolo, rievocando il suo metodo per impastare i dolci a mano. Con l’impiego di un fornello da campo e di una casseruola, Abu Rabee cominciò a realizzare il preparato gelatinoso, perfezionando così la sua tecnica.
Ci vollero quatto anni prima che l’impasto fosse realizzato con la giusta consistenza per poter essere intagliato. “Dopo aver realizzato la prima teglia e aver offerto il raha agli ospiti del campo, altri profughi sono giunti nella tenda per assaggiare i miei dolci. Ho notato che alcune persone piangevano mentre mangiavano, perché in quel momento ricordavano i momenti felici della loro vita passata”.
Attualmente Abu Rabee vive in un prefabbricato con i figli e la seconda moglie, ed è in grado di produrre quasi ogni settimana ingenti quantità di raha, servendosi di una grande stufa e di una pentola d’acciaio.
Alcuni residenti del campo acquistano i suoi dolci per le occasioni speciali o per una festa, mentre altri che non possiedono soldi promettono di pagarlo in un prossimo futuro.
“Guadagno un po’ di soldi vendendo i miei prodotti, ma in realtà non lo considero un business”, ha spiegato l’uomo. “Lo faccio per mantenermi occupato, e sentirmi di nuovo normale”.
(Qui sotto il video di Al Jazeera che mostra la vita quotidiana di Abu Rabee nel campo giordano di al-Za’atari)