Il parlamento tedesco ha approvato la risoluzione che riconosce come “genocidio” il massacro degli armeni ad opera dell’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale.
La Turchia si è duramente opposta alla decisione del Bundestag tedesco: “Comprometterà seriamente i rapporti tra i due paesi”, è stata la replica immediata del presidente Recep Tayyip Erdogan
Il premier turco Binali Yildrim ha richiamato l’ambasciatore per consultazioni e ha dichiarato che l’iniziativa è stata un gesto “irrazionale” che potrebbe mettere in discussione “l’amicizia” tra Turchia e Germania, dove vivono 3,5 milioni di elettori di origine turca.
Ankara in questo momento ha un ruolo cruciale su una serie di dossier, dalla crisi migranti alla guerra civile in Siria, ma ha assicurato che in ogni caso non sarà questo voto a mettere in discussione l’accordo con l’Unione europea sui rimpatri.
Il popolo armeno sostiene che un milione e mezzo di persone morirono a causa delle atrocità commesse dall’Impero ottomano nel 1915. Centinaia di migliaia di civili furono deportati nelle regioni desertiche, dove persero la vita per gli stenti.
Più di venti nazioni, incluse Francia e Russia, e papa Francesco, hanno riconosciuto il massacro come un “genocidio”.
“C’è molto che lega la Germania alla Turchia e, anche se abbiamo differenze di opinione su un singolo tema, la portata dei nostri collegamenti, della nostra amicizia e dei nostri nostri legami strategici è troppo grande”, ha provato a smorzare l’impatto la cancelliera Angela Merkel.
La Turchia sostiene invece che il bilancio delle vittime è molto inferiore, intorno alle 300mila persone, e rifiuta l’utilizzo del termine “genocidio” perché sostiene che non ci sia stata durante la Grande Guerra una sistematica campagna per sterminare il gruppo etnico dei cristiani armeni ma che furono vittime dei tumulti seguiti al collasso dell’Impero Ottomano, al pari di migliaia di cittadini turchi.
LEGGI ANCHE: IL GENOCIDIO ARMENO, CENTO ANNI DOPO
— COS’È IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI
— 1915-2015. RICORDANDO IL GENOCIDIO ARMENO
Leggi l'articolo originale su TPI.it