Pakistan continua il massacro degli hazara
L’Islam dice: “Uccidere un essere umano è come uccidere l’umanità intera”. Alcune organizzazioni terroristiche però uccidono musulmani in nome dell’Islam. Ma chi sono per decidere chi è il musulmano giusto o quello sbagliato? Il diritto alla vita è fondamentale per le persone di tutto il pianeta. Ma le organizzazioni terroristiche come Tehreek-e-Taliban Pakistan, Lashkar-e-Jhangvi (LeJ) e Sipah-e-Sahaba (Ahl-e-Sunnat Waljamaat) uccidono innocenti in tutto il Pakistan. Sono ufficialmente bandite dal governo ma sono operative sotto altri nomi, volti e attività. L’unica cosa che rimane inalterata è la loro missione: uccidere altri essere umani.
86 persone sono rimaste vittime di un’esplosione in via Alamdar a Quetta, e decine sono state ferite. Le organizzazioni terroristiche che ho citato prima hanno rivendicato questi attacchi sanguinari. Per di più, non è stato possibile giungere a nessun colpevole. Quando le 86 persone del gruppo etnico degli hazara sono state massacrate, il 10 gennaio 2013, il capo del governo della provincia del Belucistan si trovava all’estero a divertirsi; il presidente e il primo ministro si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni in merito agli attentati, mentre gli Hazara avevano già iniziato una protesta che sarebbe durata per giorni: erano in piazza a manifestare ed esponevano in segno di dolore i corpi dei loro compagni uccisi. Il massacro degli 86 hazara ha aperto il nuovo anno, che si annuncia sanguinoso per questa comunità e per tutti gli sciiti.
C’era un bambino a protestare davanti al quartier generale delle Nazioni Unite a New York, domandando giustizia per la comunità sciita hazara. Aveva un cartello con cui si rivolgeva al segretario generale delle Nazioni Unite: “Ban-Ki-Moon, in Pakistan saresti stato ucciso anche tu, perché assomigli a noi”. La comunità sciita hazara ha infatti dei tratti facciali particolari e può essere facilmente riconosciuta dal suo aspetto.
Irfan Ali era un famoso attivista, nato per difendere i diritti umani e la pace, come lui stesso diceva. La mia religione è rispettare e amare tutte le religioni. Ali ha sempre lavorato per portare la pace e difendere i diritti umani in tutto il Paese. È sempre stato al servizio dell’umanità. È andato dalle vittime della prima esplosione per aiutarle, per fornire le prime cure mediche, ma la seconda bomba gli ha strappato la vita. Caro Irfan, ci mancherai, il tuo contributo per la pace e l’umanità sono stati inestimabili.
Quanto tutto il mondo chiedeva giustizia, il governo del Pakistan si è risvegliato dal suo stato di torpore. Ha fatto dimettere il capo del governo del Belucistan e ha assunto il controllo della provincia. La sicurezza e l’ordine dell’area sono stati messi nelle mani della polizia. In Pakistan è stato ribadito che i musulmani sono un gruppo unito, sciiti e sunniti sono fratelli, non c’è odio tra di loro. Innumerevoli sunniti hanno partecipato alla ‘Dharna’ (la manifestazione di protesta) per mostrare la loro solidarietà ai fratelli e alle sorelle sciite. Questo è un vero schiaffo in faccia agli opportunisti che cercavano di costruire un muro e indebolire il legame tra le due comunità. Lunga vita all’unità dei musulmani.
Spero che il genocidio contro gli sciiti hazara possa finire ora. Il governo del Pakistan, l’intelligence e le forze armate devono svolgere un ruolo attivo e portare i colpevoli davanti a un tribunale. Tutte le famiglie delle vittime chiedono giustizia. Anche i martiri che hanno sacrificato le loro vite. Rimaniamo uniti contro questi terroristi e vigliacchi per l’unità e la pace del Pakistan.
Dal blog di Syed Mahmood Kazmi per The Post Internazionale
Traduzione di Samuele Maffizzoli